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11 luglio 2006

I porti d'Italia nelle mani delle Lobbies

Continua la conquista dei principali centri portuali da parte dei grandi gruppi d'investimento dietro i quali operano le Banche d'Affari Internazionali, con una vera e propria competizione finanziaria, che non è più una semplice manovra speculativa. Quello che si vuole avere è, sopra ogni altra cosa, il controllo della gestione dei traffici marittimi che attraverseranno le aree geopolitiche maggiormente dipendenti dall'importazioni di beni e merci.
Prima fra tutte, dunque, è l'Europa, e in particolare l'Inghilterra, che essendo un'isola da sempre dipendente dai traffici esteri, è lo Stato che prima di ogni altro subisce crisi economiche che coinvolgono i settori materiali.

Così, l'Admiral Acquisitions, il consorzio d'investitori guidato da Goldman Sachs,alleatasi con la private equity dell'Investment Corporation del Governo di Singapore e con la canadese Borelis infrastrutture, ha acquistato l'Associated British Ports, sottratto alla Macquarie Bank (Britannia Ports) che ha rinunciato all'opa. Quest'ultima è a sua volta costituita dal Gruppo 3i, il fondo pensioni canadese Plan Investment Board e l'investitore australiano Industry Funds Management, e già stava portando a termine la sua cordata di acquisti dei porti più grandi l'Australia. Goldman Sachs conquista i porti inglesi e mette da parte un'altra grande vittoria, dopo l'acquisizione tramite la Dubai Ports of World è rilevato con 6 bilioni di euro della P&O, che costituisce una delle più grandi società di gestione di servizi portuali, servendo ben 21 porti inglesi. L'interesse verso questo tipo di investimento non si limita alla sola Goldman Sachs per i porti europei, ma si estende oltreoceano fino a raggiungere l'Oriente, considerando che la PSA International è riuscita a prendere possesso del 20% del capitale di Hutchinson Porto Holding, leader mondiale con 42 porti di cui quello di Hongkong.
La Shanghai International Port (SIPG), sta cercando delle opportunità d'investimento anche in altri porti asiatici e degli Stati Uniti, ma pare che l'interesse maggiore sia rivolto all'Europa e ha già movimentato più di 18 milioni di teu. Avvenimenti di questo tipo si spiegano anche in considerazione del boom del trasporto per container proveniente dall'Asia, che ha visto un aumento dei traffici del 20%. La Cina non vuole rimanere esclusa dal processo di acquisizioni e concentrazioni che sta scuotendo ora il mondo delle infrastrutture e del risico in cui interessi nazionali si mischiano con quelli delle Banche.
Inoltre l' Hhla, societa' del porto di Amburgo, è ora in vendita, e sta cercando investitori, tra i quali si sono già candidati la Goldman Sachs e la Deutsche Bank.



In Italia si assiste invece ad un tentativo di scalata che passa per la consueta e, ormai, criminosa indifferenza delle enti governativi e delle amministrazioni locali, che peccano di grave superficialità e usano scuse come le opportunità di facile risparmio e taglio sui bilanci. I porti italiani, gestiti da consorzi o spesso da enti pubblici economici, sono abbandonati a loro stessi e gli attacchi imperialisti di imprese private o gruppi di investimento esteri sono sempre più frequenti e preoccupanti. I progetti di ristrutturazione per l'ammodernamento delle strutture non vengono finanziati o semmai sono bloccati, ed è per tale motivo che spesso si ricorre a contratti di finanziamento di project financing, che conferiscono ai finanziatori il diritto di rivalersi sugli utili dell'opera stessa, oltre a dei veri e propri diritti amministrativi sulle decisioni che riguardano quell'affare. I porti del Sud sono per questo i più ambiti, perché più deboli e maggiormente trascurati, nonostante la loro centralità nel mediterraneo e nel crocevia dei traffici. Le iniziative di cooperazione tra gli operatori portuali vengono ostacolate, intervenendo con armi burocratiche o con la piccola mafia locale che diventa così uno strumento delle mani delle lobbies che intendono appropriarsi dei porti.
Eclatante è il caso dell'Iterporto di Gela, tanto bramato dai potenti che ora controllano i traffici strategici del mediterraneo perché rappresenta una tappa importante per le merci provenienti dall' Africa e dall'Asia verso l'Europa continentale. Resistono per il momento gli imprenditori, ma non potranno farlo ancora per molto, perché se non riuscirà la Mafia, ce la farà l'indebitamento e le grandi proposte dei finanziatori esteri, che facilmente corromperanno le amministrazioni locali.
Allo stesso modo, si sta cercando di impadronirsi dei piccoli porti, per privare innanzitutto le piccole comunità costiere di un mezzo di sussistenza, sia per il turismo che per la pesca. Privatizzando le insenature non si farà altro che creare un turismo di alto livello, al quale le comunità locali non possono accedere e né possono godere degli utili, e rubare ai pescatori del porto che appartiene loro da sempre. La svendita del porto di Agropoli, piccolo centro e punto di riferimento del Cilento, è un esempio eclatante di come l'ignoranza degli amministratori e la corruzione dei privati, porti alla distruzione di tradizioni e modelli di vita che si perpetuano da secoli.
Un'altra spallata alla vendita dei porti è stata arrischiata dalla recente direttiva 59/CE/2006, che cercava di portare la concorrenza tra i prestatori di uno stesso servizio portuale all’interno di un porto, o tra i porti. Per far questo si era proposto di prevedere un sistema di selezione degli operatori in base a specifiche autorizzazioni, con il rischio che coloro che sono già beneficiari di una concessione potevano perderla. Noi crediamo che sia questo uno degli aspetti più preoccupanti, considerando che questo può essere il modo per selezionare gli operatori e sostituirli con grandi multinazionali che avranno così pieno potere sui traffici.
Questa proposta di direttiva è stata bocciata dal Parlamento europeo per la seconda volta consecutiva a febbraio, dopo essere stata ripresentata senza alcuna sostanziale modifica. Le rivolte dei portuali a Brussel e la disapprovazione dei parlamentari la dice lunga sull'importanza che essa riveste, perché va a toccare uno dei settori più importanti per l'economia futura e per la sopravvivenza di uno Stato.

La privatizzazione appartiene ora a parole come competitività e liberalizzazioni, a delle categorie logiche alle quali non si può dare più un significato economico, perché l'aspetto sociale ed etico è stato completamente stravolto. Sono queste le espressioni che ritroviamo nei decreti e nelle direttive, a cui i nostri economisti e giuristi hanno dato una tale importanza, da distruggere ogni cosa che neghi il libero mercato. Il nuovo reato suscettibile di pena è il protezionismo, la difesa degli interessi nazionali anziché di quelli comunitari, dove per interessi comunitari loro intendono gli affari dei privati e delle multinazionali che ci possiedono.