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14 dicembre 2006

La riforma delle Banche Popolari per accedere al Microcredito


La Corte di Brussel ha oggi archiviato l'indagine sulla normativa italiana delle Banche Popolari, accusata di restrizione alla libertà di circolazione dei capitali, prevenendo l'apertura di una vera e propria procedura d'infrazione contro l'Italia. La Corte ha dichiarato che non esiste una incompatibilità di fondo della normativa bancaria delle Banche cooperative e delle Popolari con la legislazione europea, ma rinvia la decisione ai giudizi nazionali e allo stesso governo.
Resta così un grande interrogativo su di una questione molto delicata, intorno alla quale si concentrano gli interessi delle grandi Banche d'Affari, che sperano di poter penetrare il mercato del "microcredito" proprio attraverso le Banche Popolari e le Banche Cooperative.
Le spinte alla liberalizzazioni del mercato dei beni e dei servizi travolgerà anche l'intero universo del credito, al fine di permettere l'ingresso dei grandi investitori nel mercato del piccolo credito, che rappresenta in un certo senso, un riferimento per il futuro.
Ma se la liberalizzazione del mercato del credito rappresenta il fine ultimo, lo scardinamento dei principi dell'ordinamento italiano sulle banche cooperative rappresenta il mezzo, da attuarsi mediante una reale e "volontaria" riforma del sistema bancario da parte dei governi nazionali, se non si riesce con l'imposizione dall'alto della Commissione Europea.
Commissario Europeo McCreevy
La procedura di indagine ha avuto inizio nell’ottobre del 2003, quando Fritzs Bolkestein, Commissario europeo al Mercato, apre un dossier sulla normativa delle popolari italiane con l’accusa di violare con il loro statuto le leggi del libero mercato europeo. In particolare vennero sindacate le norme sul limite al possesso azionario, pari allo 0,5% del capitale sociale della Banca, salvo una quota che va dal 4% al 15% per gli organismi di investimento collettivo: una norma questa che ha come scopo quello di evitare le concentrazioni bancarie, e mantenere una struttura orizzontale e paritaria tra gli azionisti. Stessa ratio la cdd. norma del "voto capitario", che dà un voto per ogni azionista, a prescindere delle azioni che detiene, e dunque anche una piccola impresa può avere un voto all'interno dell'Assemblea. Un principio che viene rispettando anche vietando la possibilità di delegare a persone esterne all'assemblea il proprio voto, che possono ricevere fino a 5 deleghe, e non di più. Le cooperative sono nate infatti per sostenere le piccole e medie imprese, per fare gli interessi dei soci e reinvestire gli utili all'interno dello stesso circuito non ammettendo la distrazione dei fondi verso banche che non hanno la medesima struttura. Inoltre la struttura dell'azionariato è chiuso, perché i soci hanno diritto a esprimere il loro "gradimento" all'ingresso di un nuovo socio. Ovviamente questo insieme di norme, coerente con i principi dell'ordinamento e con l'art.3 della Costituzione, impedisce che possano avvenire delle Opa o delle concentrazioni tra banche con ordinamenti diversi, così come l'ingresso di grandi soci al solo scopo di effettuare delle speculazioni.Nel 2003, l' "Associazione nazionale azionisti banche popolari" chiese di aprire una procedura, a carico dell'ordinamento italiano, rivolgendosi così alla Commissione Europea, accanita sostenitrice del sistema delle società per azioni.
La questione, sebbene non abbia avuto un seguito immediato presso la Corte, è divenuta con il passare del tempo ancora più problematica, perché la Commissione ha nel 2005 cominciato una vera pressione nei confronti del Governatore Fazio, intimandogli di non intervenire con alcuna agevolazione alla popolare di Lodi per acquistare Antoveneta, oltre a rimuovere gli ostacoli verso la fusione con BNL. Un caso questo noto a tutti, inquinato e ostacolato dall'uscita improvvisa delle intercettazioni e così dello scandalo di Fiorani e Ricucci, al fine di provocare la caduta dei vassalli e l'abdicazione del Governatore, che ha ceduto alle dimissioni dinanzi alla minaccia dell'apertura di un processo.
Lo scandalo di Antoveneta ha fatto poi da preludio a quello di Unipol, al fine di scardinare un vecchio sistema, forse troppo accentrato nelle mani del governatore, per proporre un sistema più flessibile, ossia la nomina di un dirigente con lo "spoil system": al cambio dei poteri e degli obiettivi, occorre il cambio dell'amministratore. È stata poi subito portata all'attenzione l'urgenza della riforma del risparmio e dello Statuto della Banca d'Italia, mentre ora è all'esame il decreto attuativo della direttiva sulle fusioni bancarie. In questo quadro si inserisce in modo machiavellico anche la revisione del sistema per le cooperative, considerando che la Corte ha lasciato un interrogativo a cui occorre dare una risposta, ossia se concretamente le banche cooperative continuino a soddisfare i bisogni dei soci. Il Governo italiano, nella persona del viceministro Pinza, da tempo infatti aveva annunciato il desiderio di esaminare la questione e di giungere a quella deregolamentazione che permetterà la fusione asimmetrica tra Banche.

Si sta preparando così la base della normativa per permettere l'omogeneizzazione dei servizi bancari, e la spersonalizzazione delle politiche del credito nei confronti delle imprese, che, di conseguenza, diventeranno sempre più degli utenti e l'accesso al credito sarà completamente automatizzato. Si andrà ad incidere su un settore che già oggi soffre molto, e che comunque ha perso da tempo quello spirito cooperativo che ha ispirato la normativa, le trasformazioni all'interno sono già avvenute.
Questo ovviamente perché il futuro del credito sarà su un sistema telematico ed elettronico, a cui sarà possibile accedere mediante un palmare, mediante internet, e il recarsi in banca sarà una routine superflua. Ogni operazione sarà automatizzata, dall'apertura dei conti alla chiusura del fido, fino al blocco di tutte le linee di credito. Un sistema questo che è già entrato nel settore del credito postale, anch'esso destinato a essere deregolamentato per lasciare spazio ai banchieri europei, in nome della legge di mercato della privatizzazione dei servizi pubblici.
Le porte del microcredito stanno per spalancarsi all'alta finanza, grazie alla virtualizzazione totale di ogni servizio e alla standardizzazione di tutte le procedure. Evidentemente, le parole di elogio al credito solidale come opera umanitaria, sono servite dunque solo a circoscrivere questo fenomeno ai paesi sottosviluppati o per incentivare la proliferazione di istituti come le Banche etiche, che per il loro carattere di credito cooperativo, saranno poi sicuramente inglobate nelle Banche d'Affari con fusioni e partecipazioni incrociate.
Non vi sono né vinti e né vincitori, ma solo una massa di utenti che rappresenteranno il nuovo mercato dei Banchieri.