Motore di ricerca

17 gennaio 2007

La trappola di Washington per Teheran


Non si attenua il clima di tensione che avvolge il Medioriente, in seguito alle recenti indiscrezioni trapelate attraverso i media di un inasprimento dei rapporti con l'Iran, ma soprattutto dopo gli strani eventi nel cielo di Teheran.
Tre forti esplosioni sono state avvertite nella notte dello scorso mercoledì in alcuni regioni dell'Iran senza che sia stata data una plausibile giustificazione: nessun bollettino di incidenti aerei, né registrazioni di strani esperimenti nucleari. La notizia viene ben presto confermata anche dai media occidentali, e solo nella giornata di ieri l'Iran dichiara di aver abbattuto un aereo spia, senza pilota, statunitense che aveva violato lo spazio aereo iraniano.
La correlazione tra i due eventi non è stata ufficialmente dichiarata, tuttavia sembra che siano davvero iniziati i primi scontri in Iran in maniera invisibile e celata agli occhi dei media: la guerra arriverà nelle nostre case solo quando starà per finire, e ciò che andrà in onda sarà solo un grande spettacolo.

Le intenzioni di Washington nei confronti dell'Iran questa volta sembrano più decise e vanno al di là dei soliti ammonimenti o risoluzioni dell'ONU, in quanto gli ispettori non hanno riscontrato un pericolo attuale e immediato nel programma nucleare dell'Iran. Dovranno passare ancora molto anni prima che l'Iran abbia la capacità di produrre un'arma, anche se il governo iraniano destina tutte le sue risorse al programma di armamento. Tuttavia, le restrizioni economiche sono partite, mediante un embargo nei confronti delle banche pubbliche, che blocca le transazioni di petrolio verso i paesi esteri per mandare in tilt l'intero sistema economico. Allo stesso tempo, Bush ha dichiarato un aumento delle truppe in Iraq, nominando alla guida delle forze schierate in Iraq e in Afganistan un ammiraglio della Marina militare americana, una nomina che si giustifica solo se si vede l'azione di Bush una manovra per preparare un attacco contro l'Iran. D'altronde Bush non ha altra scelta in quanto un ritiro delle truppe in Iraq equivarrebbe ad ammettere una debolezza, cosa che mediaticamente potrebbe distruggere l'America stessa, per cui la guerra deve essere allargata per non perderla.

In ogni caso diventa sempre più attuale e vicina la possibilità di un attacco militare sull'Iran prima di questo aprile, come rivelato da alcuni fonti, che verrà sferrato dal mare e non da un altro paese della regione. Verranno senz'altro mirati le installazioni petrolifere ed i centri nucleari dell'Iran, oltre ai centri nevralgici per le comunicazioni telematiche e per i trasporti, nel tentativo di creare caos e isolamento. Le forze per realizzare tale piano sono state da tempo dispiegate, e a questo punto occorre preparare solo l'aspetto mediatico, onde giustificare questa guerra senza provocare molto clamore.

È stato raddoppiato il numero delle portaerei e delle forze aeree nel Golfo Persico, e la stessa aeronautica militare israeliana sta effettuando delle esercitazioni a distanza in preparazione di un attacco sull'Iran, anche se tale notizia è stata prontamente smentita da Israele nonostante Teheran abbia confermato la rilevazione di questi movimenti.
Che nel Golfo vi sia un eccessivo traffico di flotte militari è stato comprovato anche dalla recente collisione avvenuta tra un sottomarino militare statunitense e una petroliera giapponese: due gruppi di portaerei hanno senz'altro poco spazio di manovra, e la concentrazioni di così tante forze navali dispiegate nel Golfo Persico supera ogni i livelli di "precauzione" o "prudenza". Come supera le forze di solito utilizzare per dissipare una guerra civile, il numero di soldati che verranno impiegati in Iraq e Afganistan.
E' pervenuta inoltre la notizia che è stato dislocato uno squadrone di 24 F-16 nella base di Incirlik, in Turchia a nord della Siria.La flotta di aerei americani di Incirlik sono probabilmente destinati a condurre un'operazione sul territorio iraniano, ossia a respingere a bassa quota le eventuali provocazioni militari o dei raid provenienti dall'Iran, oppure a lanciare un avvertimento ai siriani affinché non tentino di sostenere l'Iran.

E così una parte del piano di accerchiare l'Iran è stato già realizzato mediante la distruzione dell'infrastruttura civile e le lotte delle sette in Iraq, in Afghanistan e in Libano, per isolare Teheran una volta immobilizzata la Siria.
Infatti, nel frattempo, è venuta alla luce la contrattazione diplomatica tra i rappresentanti di Israele e della Siria avvenute tra il 2004 e il 2006 per l'elaborazione di un progetto di accordo di pace tra i due paesi. Israele accetterà di restituire il Golan alla Siria e di ritornare alla frontiera del 1967, conservando il controllo della distribuzione dell'acqua le fiume Giordano, mentre la Siria si impegna a interrompere il suo sostegno agli Hezbollah, ad Hamas e ai Mullah. Allontanare la Siria dall'Iran chiuderebbe così lo specchietto per allodole preparato dagli Usa per l'Iran, che rimarrà chiuso all'interno dei suoi confini, avendo solo la Russia alle spalle. Quest'ultima infatti ha solo di recente riconosciuto, dopo le pressioni e le sanzioni comminate dall'America, le consegne di missili all'Iran, insistendo che tale cooperazione tecnico-militare russo-iraniana non violava nessuna intesa internazionale. Evidentemente la Russia sta ancora facendo un doppio gioco con l'Iran, e ha un forte interesse a rinforzare i mullah al fine di riuscire ad indebolire gli Stati Uniti e silurare l'unità internazionale che tenta di isolare i mullah.

Dal canto suo, Ahmadinejad, il Presidente suicida, si sta muovendo in maniera diplomatica verso i paesi produttori di petrolio, come il Venezuela e l'Algeria, così con la Russia, per preparare un eventuale embargo petrolifero su più fronti e minacciare l'America, ben sapendo che non può contare su un sostegno militare diretto, con il dispiegamento di forze militari.
Se questi sono i presupposti, anche se non vedremo una guerra reale, ne sentiremo le ripercussioni sulla nostra economia, che subirà una crisi energetica o un'elevatissima inflazione.