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11 gennaio 2007

L'embargo bancario all'Iran e la propaganda del petroeuro



In nome della guerra economia dichiarata all'Iran, Washington ha annunciato che congelerà gli averi della banca pubblica iraniana "Sepah", accusata di finanziare la produzione e le transazioni di armi. Il Tesoro aveva già annunciato ad inizio settembre di aver già cominciato ad eliminare ogni relazione tra il sistema finanziario americano e altri stabilimenti iraniani, accusati di sostenere delle gli Hezbollah. Di conseguenza le istituzioni finanziarie e le imprese hanno cominciato nel mondo intero a rivalutare le loro relazioni commerciali con l'Iran, riducendo o interrompendo le loro relazioni commerciali con l'Iran. Gli Stati Uniti hanno chiesto infatti insistentemente a tutti i governi di rispettare gli obblighi imposti dalla risoluzione 1737, imponendo di chiudere così tutte le agenzie della banca Sepah all'estero, particolarmente quelle di Roma, Parigi e Francoforte.
Sono queste le prime misure della guerra economica contro l'Iran, che hanno senz'altro come obiettivo quello di colpire non l'economia del Paese ma i centri nevralgici delle istituzioni, accumulando prove di circostanza contro le pratiche finanziarie dell'Iran, soprattutto con la Russia e la Corea del Nord.

Già da un anno i banchieri Europei e americani stanno ostacolando l'ingresso al sistema finanziario mondiale delle banche iraniane, diffondendo la notizia su un loro probabile coinvolgimento in racket internazionale o traffico di armi di distruzione di massa. La guerra economica contro l'Iran è da tempo in atto, anche senza una risoluzione ONU, ad opera delle lobbies del petrolio e quelle bancarie che vogliono mettere le mani sui giacimenti di gas e di petrolio dell'Iran. L'intero sistema bancario americano è stato bloccato alle cinque banche pubbliche iraniane, in modo da isolare poi uno stato intero. Infatti, essendo prima il petrolio negoziato tradizionalmente in dollari, gli Stati Uniti hanno vietato alle banche americane di contrattare direttamente con una banca iraniana per la vendita del petrolio.
In risposta a tale mossa, l'Iran lanciò il suo piano di creare una borsa internazionale per lo scambio dei prodotti petroliferi utilizzando come moneta di contrattazione l'euro e non il dollaro. Allo stesso modo, la Banca Centrale ha affermato che a partire dal gennaio 2007 avrebbe cominciato un'attività di diversificazione delle riserve fino ad eliminare i petrodollari accumulati.

Entrambe le dichiarazioni sono state ottime strategie politiche, ma prive di un fondamento economico o tecnico, in quando non possedeva ancora le giuste infrastrutture telematiche e le relazioni per coinvolgere dei partner negli scambi. Inoltre è trapelata attraverso i media iraniani la notizia che la Banca Centrale abbia prosciugato tutte le sue riserve monetaria, in seguito all'embargo bancario che da tempo sta subendo l'Iran e lo ha costretto a indebitarsi nei confronti dei suoi stessi partner come Russia e Cina. Per tale motivo dinanzi alla notizia che l'Iran abbia cambiato le sue riserve di dollari in euro, possiamo avanzare l'ipotesi che abbia cambiato la denominazione del suo debito in realtà. Tale scelta, sebbene ha un motivo strategico e politico di fondo, è stata criticata da molti perché potrebbe in futuro portare all'accrescimento del debito in seguito all'aumento del cambio dell'euro. Il passaggio delle importazioni e dei petrodollari in euro potrà forse aiutare a sfuggire agli ostacoli messi dagli americani ai loro trasferimenti di denaro, appoggiandosi alle banche francesi e tedesche, ma la conversione dei dollari accentuerà ancora di più le perdite di cambio dell'Iran.
Inoltre la decisione molto politica dei mullah non ha avuto alcuna incidenza sul mercato dei cambi, scossa più che altro dalle manovre della Russia, della Nigeria e dell'Adzerbaijan. L'Iran ha forse voluto emulare altre economie più forti, come la Cina, che basa invece le sue riserve sulla bilancia commerciale, sulle sue esportazioni.

L'economia iraniana è indebitata fino al collo, non può permettersi di tentare speculazioni monetarie, e può solo giocare con le sue dichiarazioni ad effetto per colpire l'opinione pubblica. Quella che era la guerra dell'Iran al dollaro si è rivelata una grande bufala, perché in realtà è stato il dollaro a boicottare Teheran e le sue banche pubbliche. Per tale motivo è cambiata la strategia di difesa dell'Iran, che ha così deciso di far leva sul gas per colpire direttamente la Turchia, ma indirettamente l'Unione Europea ed Israele, chiudendo i rubinetti al Bakou-Tbilissi-Ceyhan. Costringendo così tali Paesi a cambiare i canali di distribuzione, dalle major occidentali alla Gazprom, fida alleata, che sta proponendo così un percorso alternativo al Gas. Allo stesso tempo ha deciso di prendere parte alla spartizione dei poteri dell'Iraq, scegliendo così di finanziare con un miliardo di dollari la ricostruzione del Paese, e in un certo senso una lobby che dovrebbe fare gli interessi dell'Iran o della Russia.

Nel Medioriente si sta aprendo infatti una vera guerra tra le lobbies arabe finanziate da una parte dalla Russia, attraverso l'Iran, e dall'altra dall'America. Bush ha infatti esplicitamente dichiarato che il contingente americano non lascerà l'Iraq fin quando non saranno individuati ed eliminati i gruppi di terroristi che alimentano la guerra civile. In realtà vogliono ricreare una lobby islamica, distruggendo quella che sino ad oggi ha controllato l'Opec, e porla sotto lo stretto controllo dell'America, per poi utilizzarla contro l'Occidente e nelle strategie di guerra al terrorismo.