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25 aprile 2007

Emergenza idrica e privatizzazione dell'oro blu


Emergenza siccità e blackout sono i prossimi problemi che il governo si accinge ad esaminare, per varare misure straordinarie e far fronte al pericolo di crisi economia. Siccità e caldo minacciano produzione elettrica e agricola, e per tale motivo, dopo la riunione con la Protezione Civile, il ministero dell'Ambiente presenterà una serie di proposte tese soprattutto al risparmio idrico, mentre nella prossima Finanziaria si farà per l'acqua un'operazione analoga a quella fatta in questa Finanziaria sull'energia. Ricordiamo che in tema di energia sono state prese importanti decisioni, come liberalizzazioni che preludono la privatizzazione e lo smembramento delle reti. Allo stesso modo diviene ora obiettivo portante la messa in sicurezza e la risistemazione degli acquedotti. In altre parole si prepara una possibile deregolamentazione che darà la possibilità alle amministrazioni che hanno già creato delle multiutilities a dismettere completamente la gestione degli acquedotti, e a privatizzare così l'acqua. Questa decisione si preparava già da tempo quando erano in discussione le liberalizzazioni dell'energia e il riordino delle Authority, ma aveva incontrato delle ovvie difficoltà da parte dell'opinione pubblica e delle stesse autorità locali. Ora che si prepara l'emergenza idrica con la secca del Po' e il rapporto di Legambiente sugli sprechi e il furto dell'acqua, questa scelta sembra scontata e la meno dolorosa per le persone, che non possono rinunciare all'acqua.

E' da precisare che stavolta la crisi idrica non interessa l’intero paese ma praticamente solo le regioni settentrionali, ma questo non spiega perché l'ovvia conclusione del nostro governo è di privatizzare gli acquedotti. Il cambiamento climatico ha senz'altro compromesso l'economia idrica dell'Italia, ma vorremmo capire perché si parla di emergenza idrica e di grave crisi economica per il rischio di secca del Po', e non si parla mai di siccità e catastrofe ambientale per le regioni del Sud, che negli ultimi anni hanno subito una totale devastazione dell'agricoltura e degli allevamenti. Centinaia di piccole imprese sono fallite e in risposta lo Stato ha deciso per la privatizzazione dell'Acquedotto Pugliese, il più grande acquedotto del mondo. Non vorremmo che adesso da una parte le società elettriche, che si preparano a comprare energia all'estero, vanno a speculare sui costi a rialzo delle bollette, e dall'altra il Sud Italia subisce l'ennesimo furto delle sue risorse idriche. Il settore idrico è oggi non solo nelle mani degli enti locali con gestioni dirette, aziende speciali e S. p. A., ma anche a regioni (come l'Acquedotto pugliese e l'ex-Cassa del Mezzogiorno), e a società a partecipazione pubblica come Trenitalia, Enel, ed ENI. La prima tornata di deregolamentazioni ha dato vita a una serie di Spa che si sono sostituite alle aziende municipali, e sono divenute delle verie società di capitali che hanno effettutato fusioni e dismissioni, e perfino investimenti estranei alla gestione degli acquedotti che ne ha compromesso la stabilità, come è accaduto all'Acquedotto pugliese. Il prossimo stadio sarà quello di smembrare la rete tra produzione e distribuzione, per poi darla in concessione alle grandi società leader del settore. Prime tra tutte L'ACEA, che è posseduta per 2% dal consorzio Suez e Electralabel, e ha chiuso delle intese con Impregilo, (a sua volta controllata da Gemina, Fiat, Banca Roma). Poi vi è l'Eni detiene la maggioranza del capitale di Acque Potabili e l'Acquedotto Campano, mentre l'Italgas detiene l'Acquedotto vesuviano. Quando è stato costruito l'acquedotto pugliese (AQP), la Sogesid e l'Ente di Irrigazione di Puglia, Lucania e Irpinia, dovevano passare all'Enel anche in vista della costruzione di un acquedotto Albania-Puglia fu costituita Enel Hydro. Nel 2003 è stato infatti elaborato un progetto per la costruzione di un acquedotto sottomarino di 80 km tra le due sponde dell'Adriatico per portare in 150 milioni di metri cubi di acqua l'anno dall'Albania: il Consorzio Acquedotto Albania Italia (cui appartengono il gruppo ENI, l'Acquedotto Pugliese, l'Europipe France, Idrotecna ed altre primarie società), ha avviato da tempo l'iniziativa che rientra nel macroprogetto del "Corridoio Paneuropeo 8". L'investimento complessivo sarà finanziato interamente finanziati con project financing e con l'intervento degli Enti multinazionali.

Tale progetto è stato momentaneamente interrotto e messo nel silenzio, perché, stranamente, l'acqua sembra scomparsa anche in Albania, quando per anni è stata una risorsa ampiamente disponibile. L'Albania da un anno ormai è tormentata da una terribile crisi energetica che ha causato il fallimento di alcune centinaia di piccole e medie imprese, che si sono viste privare dall'oggi al domani dell'energia elettrica. Oggi si preparano per l'Albania una nuova gestione della Corporazione Elettro-energetica Albanese (KESH) e grandi progetti, dalle centrali idroelettriche a quelle termiche, fino al rigassificatore destinato a rifornire l’Italia. Sono confluiti così nei Balcani i fondi della Banca Mondiale e investitori italiani come Eni, Enel e Banca Intesa-San Paolo, che stanno invece finanziando il parco energetico di Fier con la costruzuione di un rigassificatore nel porto di Valona. Il governo albanese garantisce che il gas prodotto a Fier alimenterà le centrali termiche albanesi, ma vi sono molti dubbi che questo avverrà, in quanto molto probabilmente l'energia elettrica prodotta della TEC dovrà servire il gasdotto Ambo. Mentre dunque oggi guardano tutti al petrolio e al gas, il vero oro del futuro, ossia l'acqua, scompare a causa di strani fenomeni naturali, e la grande sfida del capitale finanziario nei prossimi mesi è quella di privatizzare e comunque destrutturare la presenza pubblica nel settore della gestione delle acque.