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10 aprile 2007

Nessun accordo sull'Opec del gas: trasformismo e divisioni


Doha ha ospitato la tanto attesa riunione dei quattordici paesi produttori di gas al mondo per discutere della creazione di un cartello del gas che rivoluzioni il mercato dell'energia.
I paesi esportatori di gas hanno deciso al termine della loro riunione a Doha di rinforzare la loro cooperazione in seno alla struttura informale che costituisce il FPEG, senza pronunciarsi tuttavia sull'idea di un cartello del gas sul modello dell'Opec.

Si preannunciava come l'evento che avrebbe decretato la costituzione formale di un impegno tra paesi esportatori di controllare in maniera congiunta il prezzo e la produzione del gas, ma si è rivelato tuttavia una semplice fase di un processo che non arriverà mai alla fine.
Si avverte tra i paesi produttori di gas una profonda spaccatura e degli attimi di esitazione soprattutto da parte della Russia, che si propone come Paese coordinatore del comitato di studi del mercato del gas, e dunque come pilastro portante dell'organizzazione di un possibile cartello. Molto probabilmente la riunione a Doha è stata caricata di grandi significati, e ha suscitato numerose polemiche in seno all'Europa e all'America che vedevano in essa un pericoloso attentato alla stabilità e alla sicurezza energetica degli Stati. Molta enfasi tuttavia derivava dalla forte propaganda dell'Iran, che è stato il Paese promotore dell'iniziativa insieme con il Venezuela, e dall'interesse espresso dalla Russia che si proponeva poi come interlocutore principale nei confronti dei paesi terzi.
La maggior parte dei componenti del Forum dei paesi esportatori di gas, come l'Egitto e l'Algeria, hanno sottolineato che questo progetto non sarà realizzabile prima di lunghi anni, tenuto conto il funzionamento particolare del mercato gassifero.
D'altro canto Argentina, Bolivia, Venezuela hanno già istituito un gruppo simile all'OPEC, l'Organizzazione dei paesi dell'America latina produttori ed esportatori di gas, che si occupa della politica tariffaria, e dunque in un certo sono già in parte indipendenti e fautori di un mercato del gas che sia una controparte dell'America. Il ministro iraniano del Petrolio, Kazem Vaziri Hamaneh, ha sottolineato che la proposta del cartello del Gas è un'ottima idea, ma occorrono molti anni ancora di lavoro e di organizzazione. Quest'ultima dichiarazione sembra la più strana, considerando che un anno fa fu proprio l'Iran a portare avanti questa iniziativa, insieme alla possibile creazione di una borsa del petrolio iraniana basata sul petroeuro. Oggi l'Iran punta il tutto per tutto sul nucleare e sembra che stia mettendo da parte l'idea di una creazione di un cartello del gas che abbia nella Russia un'entità coordinatrice e centrale di tale organismo. Dopo la crisi del Golfo di questi ultimi giorni, continuano invece le richieste dell'Iran di conquistare il diritto di proliferazione del nucleare, che forse ha deciso di andare da solo, di organizzare in maniera indipendente e autonoma la propria politica energetica ed estera, e per far questo sembra che abbia stretto delle collaborazioni tendenti verso l'alleanza atlantica, più che a quella russa.
Il Qatar, a sua volta, dichiara la necessità di un rafforzamento della cooperazione ed il coordinamento tra i paesi esportatori, ma raccomanda anche maggiore cooperazione coi paesi consumatori per garantire la stabilità del mercato mondiale. Ma il nervo della guerra sul gas potrebbe essere giocarsi proprio su questo, perché il Qatar sta appoggiando l'espansione di due basi americane, e cerca di evitare ogni confronto con Washington che si oppone al tentativo di Mosca di rinforzare la sua influenza geopolitica. Il Qatar inoltre ambisce a diventare il primo esportatore mondiale di gas naturale liquefatto nonché azionista di EADS, e si sta impegnando ad assumere una posizione di tutto rilievo all'interno del forum.
Si fanno sempre più vivi i dubbi degli esperti che rassicurano i paesi occidentali affermando che l'influenza dell'OPEC del gas sarà comunque meno importante di quella dell'OPEC, innanzitutto perché non esiste il mercato globale del gas, che necessita di essere trasportato principalmente mediante gasdotti, salvo l'introduzione del GNL che consentirà una maggiore liberalizzazione. Inoltre i produttori ed i consumatori dipendono molto uni dagli altri ed il gas estratto è acquistato abitualmente in base a dei contratti a lunga scadenza, ad un prezzo che dipende non dall'offerta e dalla domanda di gas ma dal prezzo del petrolio fissato dalla borsa.
Tuttavia, l'OPEC del gas non deve funzionare obbligatoriamente come quella del petrolio, perché i paesi esportatori di gas possono mettersi d'accordo non solo sulla riduzione o l'incremento dell'estrazione, alzando o abbassando così i prezzi, ma anche differenziando i mercati di sbocco o concertando un prezzo più elevato al momento della scadenza dei contratti, nonché facendo leva sul controllo del trasposto e della distribuzione. È in queste ultime fasi che si decide la vera monopolizzazione del mercato del gas, perché il trasporto è la variabile principale: una volta che si riesce a controllare queste due fasi della vendita del gas, nessun patto o contratto potrà vincere il potere del monopolista. La creazione del mercato globale, e dunque di una borsa del gas arriva in momento successivo, quando l'acquisto del gas in un modo o in un altro converge verso pochi paesi, che imporranno a questo punto la moneta di scambio.

Queste considerazioni preliminari possono meglio spiegare la politica che sta portando avanti la Russia, che non si è mai sbilanciata molto sulla possibilità di creare una opec del gas e si è impegnata molto sul fronte della creazione degli accordi bilaterali. Molto probabilmente la Russia si prepara ad assumere una posizione di leader tra i paesi esportatori perché, in un modo o in un altro, tutti hanno bisogno della sua intermediazione tra i grandi mercati consumatori e quelli dei produttori dell'Asia Centrale più isolati. Poi, tenuto conto del mancato incremento dell'estrazione a Gazprom e dell'aumento della consumazione dentro al paese, è meno importante allearsi ai produttori che essere in buoni rapporti coi consumatori. Per assicurarsi delle possibilità di esportazione, la Russia deve investire nell'estrazione e la produzione di gas liquefatto, e di conseguenza, non può accedere ai paesi consumatori che sono i principali investitori nel settore energetico mondiale.
È significativo infatti che la delegazione russa presente al Doha sia, quest'anno, per la prima volta imponente: sia Viktor Khristenko, Ministro russo dell'Energia, che il presidente del CdA di Gazprom erano presenti al Doha. Inoltre in attesa della prossima riunione che si terrà a Mosca, sarà sempre la Gazprom a dirigere un comitato di studio della fattibilità del processo di creazione del cartello, che dovrà così definire i metodi di fissazione dei prezzi ed elaborare un piano globale per gestire l'intera struttura del mercato del gas.

Mentre dunque si cerca di placare i timori dei mercati europei che temono una ritrattazione dei termini dei contratti di fornitura e dei patti bilaterali, la possibilità di creare un cartello del gas sembra essere ancora molto lontana a causa del profondo disaccordo tra i paesi leader nella produzione di gas. Molti di essi riescono ad essere completamente autosufficienti, come la Russia e il Qatar, che dispongono di un potere contrattuale insito nel loro potere politico, mentre altri cercano la propria indipendenza mediante percorsi alternativi, come l'Iran.
La diversità delle esigenze e della stessa situazione politica in cui sono coinvolti rende la ricerca di una soluzione comune molto difficile, considerando anche l'invisibile opera dell'America che, infiltrandosi nei diversi Paesi, sta provocando spaccature e conflitti che giocano a suo favore.