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07 settembre 2007

Fermare il rogo del patrimonio italiano e restituirlo alle piccole imprese


Conclusasi la stagione degli incendi, si contano i danni. Dinanzi a noi un bollettino di guerra che incontriamo quasi ogni anno, tirando così il solito bilancio di devastazione e disastro ambientale senza tuttavia porre in atto i dovuti provvedimenti affinchè si interrompa questo ciclo negativo. All'attenzione dei nostri politici va soprattutto la caccia al piromane, ma forse occorrerebbe fare una responsabile e accurata indagine sulle cause che ne sono alla base, per studiare politiche forestali che vadano ad ottimizzare la gestione e il rendimento stesso delle aree boschive.

Secondo il Corpo forestale, la Calabria, con 1.002 incendi, e la Campania, con 853 incendi, sono le regioni più colpite, di seguito l'Abruzzo che ha perso 7000 ettari di superficie boscata, per un totale di 43.394 ettari del 2007 contro i 2.154 del 2006, e un aumento della distruzione dei boschi del 300% rispetto all'anno precedente. Incendi anche in Toscana (423), Lazio (397), Piemonte (318), Puglia (315) e Sardegna (260). Si noti che continuano ad essere interessante da incendi anche Regioni non soggette a grandi escursioni di temperatura come il Piemonte, che sino al 1998 deteneva il primato di incendi e anche della spesa contro gli incendi. La correlazione tra superficie bruciata e livelli di spesa raggiunti purtroppo è d'obbligo considerando che le cause alla base degli incendi derivano dalla mancanza di prevenzioni e di controlli da parte delle stesse autorità forestali, e delle attività di cura del territorio boschivo, per cui la maggior parte degli eventi scatenanti sono di origine colposa e non dolosa. Certamente non sono da escludere le cause dolose, tuttavia il bilancio degli arresti dei cdd. piromani, mostra che a causare l'incendio sono donne, ragazzi, anziani, cittadini comuni, che non usano le dovute precauzioni in zone già di per sé a rischio, perché non curate mediante piccoli accorgimenti che eviterebbero l'espandersi delle fiamme. La legge italiana di Protezione Civile tiene conto di questo e impone che a combattere contro gli incendi sia solo personale non retribuito, per evitare che venisse fatta la connessione soldi-fuoco. Eppure aggirando la legge numerosi enti pubblici continuano a retribuire personale per le operazioni di spegnimento: molto spesso gli incendi appiccati hanno come origine la disattenzione degli stessi addetti alla custodia e alla cura delle aree.

Nonostante l'Italia abbia un territorio coperto per il 30% da boschi, al pari di altri Stati d'Europa, è il solo che ha un piano forestale nazionale di orientamento strategico del settore che risale venti anni fa. Inoltre, l'abbondante raccolta di leggi sulla tutela e la gestione delle foreste italiane viene puntualmente disattese, mentre lo Stato e le Regioni si limitano continuano a rinforzare il corpo forestale con assunzioni incrementali, senza agire sul sistema: il risultato è sempre lo stesso, più uomini e sempre meno efficienza. Difatti molte delle semplici attività richieste non vengono rispettate: la perimetrazione dei terreni confinanti con boschi, aree coltivate ed incolte, la pulitura della vegetazione di boschi confinanti con strade, canali, linee ferroviarie, mancata effettuazione dei lavori di bonifica nelle zone colpite da disastro. Le stesse opere di riforestazione vengono spesso affidate sempre alle stesse ditte private, che comprano a buon mercato migliaia di tonnellate di legno rovinato dall'incendio e mettono nel mezzo anche il legname sfuggito al rogo, oltre a beneficiare degli stanziamenti europei per ricostruire il bosco. Le giustificazioni delle autorità competenti di questo appalto non previsto dalla legge, sono tra le più banali, come quella secondo cui il personale del servizio è impegnato a far fronte ai propri compiti istituzionali, per cui si affida a ditte specializzate nelle operazioni del taglio del legname. Non è oggi un mistero che all'interno di molte Regioni - non solo del Sud Italia - esiste una strana cooperazione tra le imprese e i soggetti coinvolti nelle opere di bonifica post-incendio e le autorità che devono amministrare il patrimonio boschivo : il personaggio chiave che unisce questi due mondi è così il piromane, che ricopre un ruolo di criminale e allo stesso tempo di capro espiatorio di un sistema di gestione dei boschi in sé sbagliato.

Ulteriore fattore da considerare è il fatto che la gran parte delle distese boschive costituiscono demanio pubblico, mentre la restante componente nelle mani delle imprese non viene adeguatamente valorizzata. L'impresa profonde meno energie e risorse per la sua gestione, perché è lo stesso mercato della produzione nazionale di legname che ha perso competitività, divenuto anch'esso globalizzato e delocalizzato. Dinanzi all'immobilismo dello Stato e le difficoltà oggettive, una probabile soluzione è quella di promuove forme di associazionismo tra i proprietari, filiere di approvvigionamento locale, al fine di sfruttare il territorio e garantirne la rigenerazione continua. In tutto questo, lo Stato potrebbe incentivare un recupero delle risorse boschive, affidando la gestione a privati di piccoli lotti di terreno, privilegiando piccole e medie imprese appartenenti al territorio stesso, imponendo il rispetto della vita del bosco e della sua produttività continua. In ogni caso, la decisione di dismettere parte del demanio boschivo non deve sfociare né nella svendita del patrimonio nazionale, né nella cessione dello stesso a grandi multinazionali: deve essere pur sempre una politica volta a restituire alle imprese italiane una risorsa che già appartiene loro, e che, per questo motivo, devono proteggere e salvaguardare.

Gli eventi a cui abbiamo assistito quest'estate e la stessa gestione della crisi hanno mostrato le grandi lacune dello Stato e delle Regioni, che hanno fatto così dei terreni boschivi "vacche da mungere", anche al costo di compromettere la sicurezza dei cittadini. È da ritenersi dunque assolutamente necessaria una riforma del sistema forestale, affidando la gestione ad imprese produttrici o organismi no profit, con un maggiore coinvolgimento della società civile nell'amministrazione responsabile delle foreste. Possono essere molte le iniziative, come quelle poste in essere dai proprietari francesi che per risolvere il problema della vegetazione infestante, incentivano gli allevatori di pecore e capre a spostare le loro greggi nelle aree a rischio prima della calura estiva. Occorre inoltre rivedere i sistemi di controllo degli stessi enti pubblici operanti nel settore forestale - l'intero apparato amministrativo conta più di 70 000 dipendenti - nonché snellire le procedure burocratiche a carico di imprese che vogliono creare od ottimizzare la loro attività di sfruttamento della foresta, in modo da incentivare l'iniziativa imprenditoriale e lo sviluppo dell'economia locale. Allo stesso tempo, sarebbe possibile porre fine al dispendioso e vizioso circolo monitoraggio-incendio-bonifica , per creare un meccanismo virtuoso salvaguardia-produzione-rigenerazione del bosco in virtù del normale svolgersi dell'attività d'impresa.