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07 novembre 2007

L'Italia ha dimenticato le sue valigie di cartone


Inquietanti notizie di cronaca, esasperati al limite da parte dei media, hanno scosso l'intera opinione pubblica costringendola a prendere un'immediata posizione su un tema delicato come la "sicurezza pubblica". I problemi di integrazione e di gestione dell'immigrazione si sono rapidamente trasformati in emergenza per la sicurezza pubblica, al punto tale da indurre il Governo ad emanare un decreto legge che ordina l'immediata espulsione di soggetti ritenuti pericolosi per l'incolumità della comunità. Nella nota trasmessa dal Governo si afferma infatti che data "la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre disposizioni volte a consentire l'allontanamento dal territorio nazionale di soggetti la cui presenza contrasti con esigenze imperative di pubblica sicurezza" viene demandata al prefetto competente la possibilità di emettere il provvedimento di espulsione per motivi di pubblica sicurezza, che andrà poi eseguito immediatamente dal questore. Il provvedimento 181/2007 anticipa alcune misure previste nel disegno di legge sulla sicurezza urbana, contenute nel pacchetto sicurezza approvato dal governo il 30 ottobre scorso, e, in particolare, modifica il decreto legislativo 30/2007 sulla libera circolazione dei cittadini della Ue.
Si dà così il via alle misure volte a reprimere l'immigrazione di criminalità, quasi come un atto dimostrativo nell'illusione di riuscire a dare una risposta alla cittadinanza italiana, che non si sente protetta e garantita dallo Stato, e agli immigrati, per frenare i flussi di emigrazione ormai fuori da ogni controllo. Per far questo si è costruito prima un forte caso mediatico, colto tra i tanti fatti di cronaca che animano la nostra società post-capitalistica, creando nell'opinione pubblica l'esigenza di protezione, la paura della sicurezza e il panico per la violazione del proprio spazio. Dopodichè è stata richiesta una seria e dura risposta da parte delle Istituzioni che, conoscendo bene i limiti dettati dalle direttive europee per la libera circolazione delle persone - a cui ha pienamente aderito anche la Romania - , hanno introdotto l'urgente esigenza di "ordine pubblico" per derogare alle norme comunitarie che hanno incentivato i flussi migratori. Questo è stato un atto di forza, facilitato dal gioco sporco dei media, contro le comunità degli immigrati, che lavorano e collaborano all'economia italiana dopo che sono state costrette dalle politiche di globalizzazione e di deregolamentazione occidentali. Non si tratta infatti di flussi migratori, ma di una vera e propria tratta di schiavi, perpetuata sotto gli occhi delle Istituzioni che "hanno chiuso un occhio" quando è convenuto e ora sfoderano spade e coltelli per non dare l'impressione di essere uno Stato "permissivo e superficiale" sulle questioni di pubblica sicurezza. È bene invece che l'opinione pubblica sappia che gli sbarchi di clandestini sono gestiti dallo Stato con dei patti bilaterali, che i Centri di Permanenza Temporanea sono dei campi di smistamento di merce umana, che le ambasciate sono stamperie di visti in cambio di denaro e di "favori" nei confronti del corpo diplomatico, che i media creano false illusioni nei confronti degli emigranti per poi criminalizzarli una volta giunti in Italia. Sono tutti complici di uno sporco gioco ai danni di persone che accettano di perdere la loro terra e la loro famiglia per un lavoro, proprio come anni fa i nostri padri e i nostri antenati hanno scelto di emigrare per sfuggire da uno stato che li aveva venduti. Gli extracomunitari sono quelli che raccolgono i pomodori, sono quelli che diventano "colf e badanti", i lavapiatti nei ristoranti, proprio come gli italiani anni fa estraevano carbone dalle miniere del Belgio.

I media hanno fatto in questi giorni un vero scempio nei confronti della comunità romena, solo perché non possono dire che lo Stato è complice di una tratta di schiavi. Abbiamo fomentato molte rivoluzioni per sostituirci ai loro governi, siamo entrati da vincitori e profeti della democrazia per poter privatizzare le loro imprese, impossessarci delle loro miniere e vendere i nostri marchi: tutto questo grazie alla lunga mano delle commissioni europee, composte da una massa di delinquenti con la cravatta, e dei cocainomani del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Abbiamo finanziato in questi Stati delle opere che non avevano alcun senso, ma erano solo una raccolta di soldi da parte delle organizzazioni mediante dei progetti mai portati a termine da presentare in contropartita al deposito dei collaterali. Milioni di euro che si sono volatilizzati nelle tasche dei dirigenti che si spostano da un Paese all'altro come i nuovi colonizzatori. Viene chiamato il popolo degli inutili, dipendenti di organizzazioni internazionali, che si rintanano nel loro mondo lontano dai contatti con la comunità locale. Come non dimenticare le "eccellenze" dei nostri ambasciatori, che partono dall'Italia con una valigia e poi tornano con tir di quadri, di mobili ed opere d'arte provenienti da Paesi sconosciuti e ottenuti a buon prezzo. Le ambasciate sono penose perché si sono trasformate in centri commerciali in cui tutto fa business, per concedere visti che apriranno le porte all'Europa, che riserba loro invece sfruttamento e umiliazione. I ruolo dei nostri ambasciatori diventa risolutivo come intermediari nelle gare d'appalto e nelle aste di privatizzazione a cui partecipano tutti i colonizzatori : nelle valige diplomatiche viaggiano i contratti, che prevedono una contropartita ad ogni rinuncia.
Per non parlare dei servizi segreti che sono sempre al terzo piano delle ambasciate, in una stanza blindata a riempire dossier con le prove estorte in cambio di visti per l'Italia. Dossier che poi in opportuni sedi serviranno a ricattare i politici locali per farsi consegnare fabbriche, banche e miniere in cambio di carta straccia, derivati e collaterali a garanzia di finanziamenti e di progetti di ricostruzione. Quanti di quegli informatori sono morti e quanti sono invece oggi in Italia ad organizzare traffici e criminalità organizzata, con il complice silenzio delle Istituzioni.


Queste e molte altre le cause all'origine del dramma dell'emigrazione dai Paesi dell'Est Europeo, sul quale oggi l'Italia sta giocando in maniera sporca e firmando così anche la sua condanna agli occhi di Governi che hanno sempre avuto stima degli italiani. È importante tener presente che in Romania vi sono una miriade di piccole e medie imprese italiane, che si sono insediate per soddisfare i propri interessi e così facendo portano i loro guadagni in Italia, proprio come fanno gli emigranti romeni. Non dimentichiamo infatti la nostra storia, cosa siamo stati in tutto il mondo: ancora oggi il Mezzogiorno chiede al Nord qualcosa che questo fa finta di non sapere, con tutte le loro belle case e macchine lussuose. Ecco che l'Est oggi ha cominciato a battere cassa, a chiedere più diritti e di rendere la stessa moneta.
Ma se siamo arrivati a questo punto, noi democratici delle teorie del monopolio e della globalizzazione, è perché abbiamo rubato le loro fabbriche, perché abbiamo accreditato i piccoli ladri di polli come grandi politici, e fatto diventare piccoli e insignificanti personaggi dei Ministri che hanno poi venduto al miglior offerente il loro Paese, hanno accettato di distruggere la loro storia per un pugno di dollari.
Il problema, cari Ministri, è molto semplice: mentre la Nuova Zelanda, il Canada, l'Australia, gli Stati Uniti hanno strutturato le loro ambasciate per esportare intelligenza, l'Italia ha scelto di usare il suo personale diplomatico per assoldare la bassa manovalanza, gli spiccioli lasciati dagli altri colonizzatori.