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11 gennaio 2008

La UE frena le cooperative


La Commissione critica la legislazione italiana delle cooperative non mutualistiche, e prepara una lettera di avvertimento per il governo italiano, criticando le agevolazioni fiscali concesse alle cooperative italiane. Lo rende noto il Sole24ore, riportando alcune indiscrezioni provenienti da Bruxelles.
Secondo la commissaria Ue alla Concorrenza, Neelie Kroes, le agevolazioni concesse alle cooperative sulla base del principio della mutualità prevalente e della dimensione delle cooperative sono da considerarsi aiuti di Stato. Dopo aver analizzato l'impatto delle leggi di sostegno alle cooperative, la Commissione Europa può infatti riservarsi il diritto di escludere parte degli incentivi deliberati qualora siano ritenuti eccessivi.

Il Regolamento CE n. 659/1999 del Consiglio Europeo del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del trattato CE, prevede infatti che " se la Commissione ritiene che un regime di aiuti non sia, o non sia più, compatibile con il mercato comune emette una raccomandazione" che propone "modificazioni sostanziali del regime di aiuti, l'introduzione di obblighi procedurali o l'abolizione del regime di aiuti". Nel caso in cui lo Stato nazionale dovesse non adeguarsi a tali prescrizioni scatterebbe la procedura di infrazione. L'intervento della Commissione Europea ha avuto origine da una denuncia della Federdistribuzione sulla possibile distorsione della concorrenza, nel campo della grande distribuzione, da parte dell'intervento dello Stato. Qualora lo Stato membro, in questo caso l'Italia, non dovesse uniformarsi ai "suggerimenti" proposti dalla Commissione, scatta la vera e propria procedura d'infrazione nei confronti del Paese, ma probabilmente non scatterà alcuna procedura di restituzione degli aiuti dalle imprese alle casse dello Stato.

Sulla base di tale regolamento, la Commissione Europea può in pieno diritto esaminare il regime degli aiuti di Stato previsto e prescrivere le dovute modifiche da apportare, a cui il Governo deve attenersi. Con riferimento alla normativa per le cooperative, l'Unione Europea considera aiuti di Stato l'esenzione delle tasse sui profitti imputati a riserva legale per oltre il 70% . Si chiede dunque di ridurre la facoltà di imputare i riserva i profitti non oltre il 30% , soprattutto per le cooperative che presentano più di 250 soci e hanno un fatturato di 50 milioni di euro. Allo stesso modo, sono considerati aiuti di Stato illegali le deducibilità per le coop a carattere "non mutualistico", ad esclusione dei ristorni posti a favore dei soci e delle imputazioni a riserva indivisibili, nei limiti dell'ammontare della riserva legale. Una decisione in tal senso da parte dell'Unione Europea potrebbe senz'altro dare una risposta all'esigenza di maggiore trasparenza all'interno della normativa delle cooperative, colpita recentemente da continue e molteplici attacchi dalla scena politica. Occorre osservare che, sebbene le cooperative siano espressione di un antico legame tra la politica e le imprese, costituiscono una parte fondamentale del tessuto economico italiano.

Le cooperative si sono sviluppate e sono cresciute come una vera grande società, ma hanno riunito sotto di sé tante piccole imprese consentendo loro di non essere inglobate dai grandi gruppi societari multinazionali. Tale fenomeno continua ad essere importante per l'Italia, tuttavia secondo l'Unione Europea rischia di sfociare in forme di clientelismo o parassitismo che danneggia la libera concorrenza nel mercato della produzione e della distribuzione industriale o agroalimentare. Si rischia tuttavia che, a causa della classica e patologia influenza di entità economiche e politiche, una costola importante dell'economia italiana rischia di morire. Tra cooperative "Bianche, rosse, verdi" - socialiste, cattoliche o laiche - l'opinione pubblica continua ad attaccare la "cooperazione italiana" , che esiste una oltre un secolo e producono il 7% del PIL, con più di 12 milioni di associati. Ci sono dunque numerose pressioni, dalla disinformazione alla propaganda, dalle regole comunitarie alle dinamiche di globalizzazione, che vogliono limitare il fenomeno delle cooperative, che, per la loro struttura, riescono a competere con i grandi giganti in virtù dell'unione di tante piccole entità.

Secondo la Commissione Europa, al contrario, per finanziare e stimolare l'innovazione nelle piccole e medie imprese, occorre innanzitutto dare impulso agli investimenti transnazionali dei fondi di venture capital, e superare così le regolamentazioni nazionali di mobilitazione dei capitali e di investimento tra zone di confine. I fondi di investimento potranno così penetrare nelle piccole realtà imprenditoriali, superando quei limiti che inducono a rinunciare ad investire all'infuori della loro giurisdizione di origine. Per tale motivo essere di fare in modo che le strutture di venture capital che hanno un buono funzionamento siano adottate e riconosciute negli altri Stati membri. La Commissione invita gli Stati membri, a riconoscere reciprocamente l'esistenza dei fondi di venture capital esteri, in modo da garantire un differente finanziamento delle attività delle piccole imprese. L'Europa indica dunque nei mercati finanziari e borsistici i canali di finanziamento, incentivando la deregolamentazione transnazionale, mentre limita e censura sempre di più l'ingerenza dello Stato nel settore economico. Si cerca così di far diventare la cooperazione un fenomeno di piccole dimensioni, mentre le grandi cooperative devono essere convertite in società di capitali, che, in quanto tale, devono competere con le regole di mercato.