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29 gennaio 2008

L'Opec del Gas: una mossa strategica della Russia


Dopo la firma dello storico accordo concluso tra la Gazprom e il Governo serbo, nonché con la società petrolifera austriaca MOV, la Russia rilancia il progetto dell'Opec del Gas, che raccoglierà i principali Paesi esportatori di gas. Lo annuncia il quotidiano russo Kommersant, che rende noto come la Russia stia creando, come fase preliminare della formazione dell'Opec del Gas, un'organizzazione dei maggiori Esportatori di Gas all'interno della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) . Tale iniziativa è stata promossa, non a caso, dal consiglio direttivo della Gazprom e proposto dal deputato Valery Yazev, nel 2006. Stando a quanto riportato dal Kommersant, la Russia presenterà lo statuto dell'Associazione Internazionale dell'Organizzazione Non Governativa del Gas ( MANNGO) in occasione del Forum della Comunità Economica Eurosiatica che si terrà a Pietroburgo all'inizio del prossimo aprile.
Tale organizzazione, sebbene non sia stata ufficialmente definita come la base dell'Opec - essendo l'Opec del gas una proposta del Governo Iraniano, e non ancora approvata dal Cremlino - renderà ancora più forte la posizione della Russia all'interno del futuro cartello. La MANNGO avrà infatti sede in Russia, e sarà amministrata da un segretario, con carica triennale, nominato da Mosca.

Nasce con lo scopo principale di "creare le condizioni adatte per l'equa distribuzione delle reddito derivante dall'esportazione di gas all'interno dei Paesi produttori ed esportatori", ponendo a carico dell'organizzazione le attività di manutenzione dell'attuale rete di trasporto, nonché di "promuovere l'armonizzazione della legislazione dei membro del MANNGO nei settori dell'esplorazione, della produzione, del trattamento, del trasporto, dello stoccaggio e della distribuzione di gas". La cosa interessante da notare è che l'organizzazione può avere vita con la sola partecipazione di due o tre Stati membri del CSI, e , considerando che Kazakhstan e Tajikistan sono già d'accordo a discutere la carta, mentre la Bielorussia la sta ora esaminando, possiamo ritenere che la MAANGO di fatto è già nata, e sarà la prima e autorevole risposta della Russia alla crescente richiesta di idrocarburi.

Non dobbiamo dimenticare inoltre come tale proposta giunge a breve distanza dalla conclusione da parte di due storici contratti che consentiranno alla Russia di porre delle solide basi per estendere la propria presenza in Europa ed per portare a termine il progetto dell'Opec del Gas.
Ricordiamo infatti che la Gazprom ha firmato un contratto per l'acquisto del 51% della Società Petrolifera Serba, NIS, per una somma di 400 milioni di euro, con l'impegno di reinvestire nella società circa 500 milioni di euro. L'accordo intergovernativo, prevede inoltre la costruzione di un oleodotto dalla capacità di 10 miliardi di metri cubi all'anno che attraverserà la Serbia, e di un centro di stoccaggio internazionale; in contropartita la Serbia entrerà a far parte del Consorzio per la costruzione del South Stream percependo circa 200 milioni di dollari come diritti di transito sul territorio. Contestualmente la Gazprom firma un accordo con la società petrolifera austriaca MOV acquisendo il 50% della Central Europe Gas Hub, controllata della OMV Gas International. Considerando il particolare contesto politico in cui tale accordo si inserisce, molti analisti hanno visto nell'accordo tra la Serbia e la Russia una sorta di scambio "Kosovo contro petrolio", visto che Mosca si dichiara pronta ad appoggiare Belgrado e a prendere gli eventuali provvedimenti come risposta alla dichiarazione unilaterale dello Stato del Kosovo.
Senz'altro quella della Russia è stata una contro-risposta, in chiave energetica, alle intimidazioni di Brussel e di Washington contro Belgrado, nonché un tentativo di sfruttare la divisione che si sta venendo a creare all'interno dell'Unione Europea e del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sulla decisione del riconoscimento dello Stato del Kosovo, in caso di un'autoproclamazione da parte di Pristina. La Russia cerca così di far leva sul suo grande potere contrattuale e sulla sua influenza sul bilancio energetico degli Stati Europei, per lanciare un messaggio deciso e diretto, che va al di là delle semplice parole pronunciate da Putin.

Allo stesso modo, alla vigilia dell'incontro di Berlino per giungere ad un accordo sulla bozza della prossima risoluzione contro l'Iran, il Governo iraniano propone all'Unione Europea di diventare il principale fornitore di gas del gasdotto europeo Nabucco. Parallelamente, lo stesso Governo, si riavvicina al progetto dell'Opec del Gas grazie al rilancio dello stesso da parte della Russia. Non dimentichiamo che fu proprio Putin a decidere di sospendere temporaneamente i lavori sull'Opec del gas data l' "immaturità dei tempi", gesto che fu interpretato da alcuni analisti vicini a Teheran come un tentativo di Mosca di distogliere Ahmadinejad da ogni accordo con gli Stati Uniti per avvicinarsi invece ad un accordo bilaterale con la Russia, che avrebbe garantito il controllo dell'Asia Centrale e del mercato energetico europeo. Stranamente tale progetto viene rilanciato, a poco tempo dalla decisione del Consiglio di sicurezza dell'Onu sulle nuovi sanzioni contro l'Iran e sull'esito della Missione UE in Kosovo. Proprio considerando le implicazioni sul piano energetico possiamo intuire a pieno la strategia della Russia nella risoluzione delle due crisi internazionali. Da una parte infatti vi è l'Unione Europea, con le sue divisioni politiche e la grande sete di energia, dall'altra vi è la Russia che può giocare due carte vincenti, quali la Serbia - paese strategico per eccellenza, sia dal punto di vista geopolitico, che energetico, aprendo così a Mosca le porte del mercato Europeo - e l'Iran - secondo paese produttore di Gas e partner indispensabile per avere il controllo dell'Asia Centrale e dell'Europa allo stesso tempo.