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03 gennaio 2008

Un 2008 tra rincari e guerre perpetue


Il petrolio raggiunge sulla borsa di New York la soglia storica dei 100 dollari al barile, dopo le tensioni che hanno colpito i centri nevralgici di produzione in Nigeria e in Pakistan, e la riduzione delle scorte americane. Un record raggiunto al termine di un anno di speculazioni e di scontri, che hanno preannunciato un periodo di rincari, crisi, ma soprattutto di guerre, per sostenere un sistema energetico obsoleto.

Un barile di petrolio ha raggiunto la soglia dei 100 dollari a New-York, mentre Africa e Asia centrale bruciano preparandosi a nuovi scontri sotto i colpi dell'Occidente. Il rapporto del dipartimento americano dell'energia (DoE) presto annuncerà una diminuzione di 3,15 milioni di barili delle riserve di brut, causato, secondo gli analisti, dalle numerose tensioni geopolitiche ricomparse improvvisamente negli ultimi giorni dell'anno, amplificando i timori sull'approvvigionamento. Allo stesso tempo, sale vertiginosamente la quotazione dell'oro che si attesta intorno agli 859 dollari, un valore che non veniva registrato dal 1980. Un dato questo critico, considerando che rappresenta uno storico bene di rifugio dinanzi alla crescente inflazione, rivalutandosi così a spese del dollaro, il cui inesorabile declino viene sancito ancor più dalla scelta della Federal Reserve di ridurre i tassi di interesse.
Il doppio rincaro, simultaneo e istantaneo, rappresentano il grave segnale del fallimento del sistema capitalistico fondato sul binomio oro-petrolio, che non ha nulla a che vedere con le crisi geopolitiche che stanno colpendo i Paesi produttori di petrolio. Queste infatti rappresentano una conseguenza del malessere in cui siamo costretti a vivere, e non una causa. Sembra infatti alquanto strano che un attentato ha colpito un leader dell'opposizione del Presidente Musharraf, lasciando così pochi dubbi sul movente, sui colpevoli e sul mandante stesso dell'attacco. Benazir Bhutto muore dopo l'ennesimo attentato organizzato in grande stile, tra la folla, sotto gli occhi delle telecamere della CNN, mentre le intelligences già annunciano l'implicazione di Musharraf. Un esito scontato e prevedibile, soprattutto in seguito alla decisione del Governo Pakistano di rafforzare i propri rapporti con l'Iran e probabilmente anche con l'India, nella costruzione della pipeline Iran-Pakistan-India, destinato ad instradare il gas iraniano sino all'estremo Oriente. Un contratto di circa 7,4 miliardi di dollari che avrà ad oggetto la fornitura del gas iraniano all'India attraverso il Pakistan, immettendo nel gasdotto di oltre 2.600 km - la cui costruzione ha avuto inizio nel 1994 - 21,1 miliardi di metri cubi di gas naturale all'anno. La destabilizzazione del Pakistan era già stata decisa, essendo un crocevia fondamentale per il trasporto e la distribuzione del petrolio centro-asiatico. Tuttavia i media hanno inscenato in questi mesi un clima di tensioni politiche e di terrorismo al solo fine di portare in Pakistan e nella regione circostante un'altra guerra, mentre tutte le attenzioni sono rivolte all'Iran e al pericolo del nucleare. Vengono così colpiti i centri nevralgici della distribuzione e del trasporto del petrolio, per cui la Georgia, la Siria, la Somalia, il Kosovo, dopo che Iraq e Afghanistan sono stati completamente colonizzati. La costellazione di conflitti andranno così a creare uno stato di guerra perpetua, che entrerà nelle nostre vite e permetterà di allontanare dall'Occidente la paura della recessione, ma non fermerà i processi inflazionisti che impoveriranno i Paesi.
L'Europa si è così risvegliata in un 2008 all'insegna dei rincari e delle crisi di borsa, che rischiano ora di condurre le nazioni sull'orlo dell'iperinflazione e della recessione. Dal petrolio, alle materie prime, dai servizi alle utenze, fino ai generi alimentari di prima necessità, andando così a ridurre sempre più il potere d'acquisto degli italiani, già compromesso, e la competitività delle piccole e medie imprese. I salari e gli utili di impresa non riusciranno a far fronte ai rincari dei fidi e dei contratti bancari, delle bollette e delle spese giornaliere: molte saranno le aziende che falliranno, mentre la disoccupazione e il crollo dei consumi bloccheranno la produzione. Allo stesso tempo la Cina annuncia il totale l'abbattimento delle frontiere all'esportazione, per inondare i mercati occidentali di prodotti e semilavorati a basso costo.
Dinanzi a tale situazione, i nostri governi restano immobili e impassibili, continuando la loro sciocca politica di privatizzazione e di svendita del patrimonio dello Stato, senza porre alcun limite agli aumenti del costo del danaro e dei contratti bancari.
Lo scenario che si sta venendo a creare favorirà sempre più le speculazioni da parte di società che detengono il monopolio nell'offerta di beni e servizi, non solo sui mercati reali, ma anche su quelli borsistici. Siamo dunque in balia di pericoli speculatori che possono ora ridurre a povertà e a schiavitù le economie più deboli.