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27 marzo 2008

Il barbiere di Cipro


Un progetto di demilitarizzazione si è trasformato in un'operazione di riciclaggio di armi, con la creazione di denaro dal nulla. Un traffico di armi e munizioni viene apparentemente gestito da un circuito chiuso di prestanomi e società fantasma, mentre il Pentagono e contractors statunitensi costituiscono i veri protagonisti di una grande truffa ai danni del popolo albanese, vittima del crimine invisibile di società e centri di potere internazionali. (Foto: Mihal Delijorgji)

L'incredibile incidente dell'esplosione del deposito di Gerdec, in Albania, ha portato alla luce una verità sconcertante e paradossale. Un traffico di armi e munizioni viene apparentemente gestito da un circuito chiuso di prestanomi e società fantasma, mentre il Pentagono e contractors statunitensi costituiscono i veri protagonisti di una grande truffa ai danni del popolo albanese, vittima del crimine invisibile di società e centri di potere internazionali. Il vero giallo sul traffico delle armi scoppia con l'esplosione del deposito di Gerdec che rade al suolo un intero villaggio nei pressi di Tirana, con decine di vittime e centinaia di feriti.
Le indagini a questo punto sono obbligate, in quanto le famiglie e i media vogliono chiarezza sulle responsabilità dell'accaduto. A gestire il deposito è la società statunitense Southern Ammunition, che nel maggio del 2007 sottoscrive un contratto con il Ministero della Difesa per lo smaltimento delle munizioni, sino al 7 dicembre del 2007, dopodichè con un subappalto trasferisce le successive operazioni di smantellamento alla società albanese Albdemil, che tuttavia risulta essere partecipata per il 25% dalla stessa Southern Ammunition Inc. Co. e il 75% da Mihal Delijorgji che ha una fonderia in Albania. In particolare, la SAIC sottoscrive il 27 dicembre 2007 un contratto di acquisto con la MEICO, e dopo 3 soli giorni di vendita delle stesse munizioni con la collegata Albdemil per un prezzo maggiorato del 2%. La curiosità di questo evento è che la Albdemil è stata creata solo nel 2006 e la sua attività caratteristica è il trasporto di armi, quando la sola azienda concessionaria di tale settore è la società di Stato Meico. Tuttavia, dopo 4 mesi dalla sua costituzione, un piano di riforme del governo Berisha, voluto dalla Comunità Europea, liberalizza il settore e permette anche alle aziende private di trasportare e commercializzare armi e munizioni. Così Dielejiorgi riesce a prendere il controllo della situazione e con grande diplomazia mette tutti d'accordo. La Albdemil riesce a scavalcare l'azienda di Stato Meico, e, tramite una legge speciale della Presidenza del Consiglio albanese e con il benestare del Ministro della difesa Fatmir Mediu, la società americano-albanese si aggiudica l'appalto di demilitarizzazione.

In realtà non vi è stata una vera e propria opera di bonifica perché all'interno dei depositi avveniva la selezione e lo scarto delle munizioni, che, secondo varie testimonianze, durante la notte le casse venivano reimballate e portate a Durazzo per essere poi esportate. Hanno dunque sequestrato armi vecchie, per poi reimballarle, rivenderle come nuove agli eserciti che sono ancora in guerra, rigorosamente sotto il marchio "made in US". Questo fa ben capire cosa siano in realtà le campagne di demilitarizzazione che la UNDP promuove con le star del cinema internazionale come Michael Douglas, giunto in Albania per pubblicizzare una campagna per lo smaltimento delle armi e la loro distruzione.
Con una sofisticata tecnica di distribuzione, di riciclaggio e di riarmo di vecchi eserciti, come quello afghano ed irakeno, che hanno in dotazioni armi vecchie è stato costruito un perfetto sincronismo tra Nato, Comunità Europea e Organizzazioni Internazionali, tra demilitarizzazione dei paesi, liberalizzazioni dei settori controllati dai monopoli di Stato e campagne di sensibilizzazione. L'organizzazione è talmente perfetta che tutto fila liscio, tutti guadagnano e il circuito gira senza problemi.
Un pomeriggio, però, esplode il grande deposito di Gerdec, nella tragedia muore anche il cognato del Premier Berisha che rivestiva il ruolo del conteggio delle munizioni. Berisha imbarazzato dalla situazione, si giustifica dinanzi ai giornalisti dicendo di non conoscerlo perché sua cognata, dopo il divorzio in Albania, si era risposata all'estero, per poi tornare. Anche l'ambasciatore americano a Tirana, John Withers II , sembra in forte difficoltà, e si precipita a dichiarare che il governo americano non è in alcun modo implicato con quanto accaduto, in quanto l'intera operazione era gestita solo da società private e dal Governo Albanese. Accuse contro gli albanesi piovono anche dalla società statunitense che aveva ottenuto l'appalto di smaltimento delle munizioni. Gli eventi subiscono una continua escalation, e dagli Stati Uniti si prepara un reportage-scoop del New York Times sull'esistenza di un traffico di armi verso l'Afghanistan proveniente dall'Albania.

A questo punto, l'Albania, trovandosi alle strette, comincia a difendersi, e il Ministero della Difesa mostra i contratti regolarmente sottoscritti tra la società di Stato MEICO, e la AEY Inc. ( Contratto del 23 Marzo tra MEICO e AEY Inc. ) , posseduta dall'israeliano Heinrich Thomet, e divenuta un contractor dell' US Government Contracting Office di Rock Island, nonchè concessionaria di un contratto con il Pentagono, per l'esercito degli Stati Uniti. Precedentemente, tra il 2006 e il 2007, la AEY Inc. aveva vinto un tender del Pentagono per la fornitura di munizioni alle Forze di sicurezza dell'Afghanistan, per un ammontare di 298 milioni di dollari ( n. protocollo #W52P1J-07-D-004). L'esercito afghano infatti utilizza armi di manifattura russa e cinese risalenti agli anni '80, con munizioni diffuse ancora oggi solo in Paesi Balcanici e del continente euro-asiatico. Per tale motivo, la AEY cerca in giro munizioni vecchie, per poterle reimballare, e consegnarle poi all'esercito afghano.
Nel corso delle trattative, determinate situazioni non sono più chiare, e così si stabilisce che per perfezionare l'accordo di vendita delle armi alla società americana occorre utilizzare come intermediario la Evdin Ltd, che ha sede a Cipro ( Contratto MEICO-Edvin-AEY). Con l'ingresso all'interno delle trattative della Edvin Ltd il prezzo concordato per l'acquisto di una cassa di munizioni aumenta da 22 a 40 dollari. Il Governo albanese afferma che fu la controparte statunitense a pretendere l'ingresso di un intermediario per concludere l'affare, mentre la AEY ha sempre sostenuto che la Meico propose di inserire la Edvin Ltd. nell'affare. Vista la discordanza delle tesi delle due controparti, non è stato ancora ben chiarito in che modo la Edvin Ltd. sia intervenuta nelle trattative, ma la sua presenza è molto importante.

Si scopre infatti che la Evdin ltd, con sede a Cipro, in via Thermopylon 1 6023 Larnaca Cipro, in realtà corrisponde ad un "barbiere". I riferimenti telefonici presenti sul suo sito - un fax +387 62 94 24 52 e un cellulare +387 32 40 72 72 - ci riportano ad un ufficio presente in Bosnia, nella zona di Zenica. Quando abbiamo contattato il numero di telefono, risponde una persona che nega l'esistenza di un sito che appartiene a questa società. Dopo alcune ricerche, scopriamo che anche un'altra ditta, la Garietta LTD, mostra gli stessi riferimenti telefonici: ritelefoniamo e lo stesso utente, questa volta, chiude il telefono senza rispondere. A questo punto contattiamo il Provider Top Hosting di Sarajevo e, nonostante lo informiamo che ha registrato un sito con dei riferimenti falsi, non interviene per verificare l'identità della società e del proprietario del sito.
Da fonti giornalistiche albanesi che indagano sulla presunta ditta fantasma del "barbiere di Cipro", si viene a sapere che a rappresentare la Edvin Ltd. in Albania è Henri Tomei, cittadino svizzero, indagato per traffico d`armi dal Dipartimento Americano della Difesa, da Amnesty International e dal Governo svizzero. È conosciuto sul mercato internazionale delle armi come “Dio della Guerra”. Secondo le stesse fonti, la MEICO non ha sottoscritto un contratto diretto con AEY, ma con Tomei in qualità di intermediazione, nonostante abbia degli oscuri precedenti. Tomei è anche rappresentante, fondatore e proprietario dell'azienda svizzera “Brugger & Thomet” e “AG BG International”, nonché azionista di maggioranza di una miriade di aziende implicate nel traffico d`armi in paesi in conflitto sotto embargo dell'ONU. Il business di Tomei sembra essere concentrato nei Balcani, in particolar modo in Serbia e Montenegro. È da lì che è partito, circa tre anni fa, un ulteriore caso di traffico d'armi che vede come protagonista l'azienda israelita “Talon” con sede a Tel Aviv, che gestiva un traffico d`armi dalla Serbia e Montenegro verso il Medioriente. Dalla Camera di Commercio d`Israele, risulta che il proprietario della “Talon” è il Maggiore Shmuel Avivi, che, nonostante neghi ogni coinvolgimento, risulta essere collegato ad un'azienda svizzera che aveva come partner un certo "Henri", conosciuto anche come Heinrich Thomet, lo stesso azionista di maggioranza della AEY Inc e di altre società che vendono armi. Senza alcuna sorpresa scopriamo che le società incriminate sono la “Brugger & Thomet AG” e la “BT International Ltd”. Non bisogna dimenticare la nota comune di tutti i trafficanti di armi che usano due nomi: uno ufficiale che risulta su documenti originari, e l'altro con cui firmare i documenti. Ad ogni modo, lo stesso Heinrich Thomet, della AEY, ha ammesso di aver lavorato occasionalmente con Avivi e le sue aziende, che, a suo dire, lavoravano solo per il governo americano, e per nessun contractor destinato all`Afghanistan o all'Iraq.

Ci chiediamo, a questo punto, come sia possibile che una società americana, contractor del Pentagono, abbia potuto concedere un subappalto di consegna di armamenti ad una società fantasma. Rivolgiamo la stessa domanda alla Comunità Internazionale che dovrebbe spiegare come mai, nonostante la miriade di leggi per la lotta al terrorismo, non vengano effettuati i dovuti controlli sulle società concessionarie degli appalti di vendita di armi. Con tutti i suoi potenti mezzi di intelligence, né la Cia o l'NSA sono intervenuti a fermare l'operazione di riciclaggio delle armi.
Fatmir Mediu e John Withers II
È evidente invece che l'intero circuito è stato studiato e organizzato in maniera tale da non far ricadere colpe e responsabilità sui grandi contractors e sullo stesso Pentagono, servendosi così di società fantasma, di brokers e rappresentanti di ambigua credibilità, per ricostruire l'intero tracciato dei soldi e delle armi, e far ricadere la colpa sul Governo Albanese e le sue società. In tutto questo, infatti, un progetto di demilitarizzazione si è trasformato in un'operazione di riciclaggio di armi, con la creazione di denaro dal nulla, grazie all'apertura di linee di credito e l'emissione di garanzie bancarie a copertura dei finanziamenti e degli investimenti. Non possiamo credere infatti che il danaro, le transazioni e i trasferimenti non siano stati tracciati, o che non sia stato rilevato che una società fantasma di Cipro stava portando a termine una compravendita di armi per milioni di dollari.
Malgrado lo scandalo sia scoppiato, la verità non verrà mai a galla, perché le grandi società, accreditate da potenti strutture militari e internazionali agiscono sempre con una rete di ditte anonime per disperdere nei circuiti le loro identità. L'epilogo di questa assurda vicenda del "barbiere di Cipro" potrebbe essere sconcertante. L'Albania dovrà infatti pagare il suo errore di aver sottoscritto un contratto per la vendita di armi, e il suo Governo sarà ricattato per l'ennesima volta. Di quelle munizioni, alla fine dei conti, solo una minima parte sono uscite dalle frontiere albanesi, ma era necessario che fossa l'Albania l'intestatario ultimo dei contratti, facendo così da "prestanome" per una complessa operazioni di riciclaggiano di armi. Comunque, "il libanese" gira sempre nel blocco di Tirana e propone ai nuovi ricchi grandi guadagni e visti, in cambio di firme e di denaro.