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21 maggio 2008

L'Europa dei “cittadini comunitari” e di quelli europei


Il Parlamento Europeo discute del grande problema in Italia nei confronti delle comunità rom e degli immigrati comunitari,all’indomani della discussione del pacchetto sicurezza. L’Italia viene dipinta come un Paese che sta andando verso la xenofobia il razzismo, con derive di violenza e gravi sentimenti di intolleranza, ma che in realtà - come tutti i Paesi Europei - è semplicemente uno Stato che non ha saputo gestire delle politiche di ordine pubblico e di integrazione. Si giunge così al cosiddetto "pacchetto sicurezza", nel quale potrebbe comparire il reato di "immigrazione clandestina" , che potrà divenire sia un aggravante rispetto ad altre infrazioni, sia una forma di discriminazione per giustificare l’espulsione diretta.

Giunge nel Parlamento Europeo il grande problema in Italia nei confronti delle comunità rom e degli immigrati comunitari,all’indomani della discussione del pacchetto sicurezza del Governo Berlusconi. Una riunione, quella di ieri, da cui l’Italia ne esce un po’ distrutta, dipinta come un Paese che sta andando verso la xenofobia e il razzismo, con derive di violenza e gravi sentimenti di intolleranza, ma che in realtà - come tutti i Paesi Europei - è semplicemente uno Stato che non ha saputo gestire delle politiche di ordine pubblico e di integrazione. La situazione viene dipinta in maniera talmente allarmante che, si arriva a chiedere alla Commissione Europea di varare al più presto possibile una "direttiva contro ogni tipo di discriminazione", o comunque un necessario e urgente intervento normativo per punire e fermare le discriminazioni in base alla razza, all'età, alla fede religiosa, alla sessualità e alla loro disabilità. L’euro-parlamentare romeno Adrian Severin parla infatti di veri e proprio "pogrom" che stanno avvenendo in Italia contro le comunità romene, di leggi "razziali", ma soprattutto di messaggi mediatici che fanno confusione tra Rom e romeni, e così tra criminalità ed etnia. Così avverte sulla bieca tendenza dei nostri tempi e afferma che “se non faremo attenzione le fiamme divamperanno in tutta l’Europa”. Un monito questo rivolto all’Italia ma anche a tutti gli Stati Europei, che in questi anni di rapida espansione e di allargamento dell’area comunitaria, non sono riusciti a portare avanti l’integrazione multietnica e sono spesso sul punto di collassare, sotto i colpi della loro stessa incapacità a dare una giusta stabilità alla società moderna che si viene a creare.

Eppure l’Europa, dall’alto della sua grande civiltà e cultura, non ha saputo fare nient’altro che dettare regole "standardizzate" nei confronti dei Paesi membri e dei nuovi candidati, obbligando i Governi a monitorare i flussi migratori e a garantire il libero movimento delle persone, ma senza creare una cultura di base propensa all’accettazione dello "straniero", alla condivisione della propria terra con altri popoli e al rispetto di forme di popoli differenti per le loro origini e le loro esigenze. Hanno creato così un’Europa in cui continuano ad esservi, e vi saranno sempre, cittadini europei e cittadini "comunitari", che si trovano a sedere intorno allo stesso tavolo di trattative semplicemente in virtù di un patto economico.
Costruire una società su più livelli è una vera e propria strategia aziendale, in quanto se da una parte permette di sfruttare le classi più vulnerabili e di trarre profitto dalla loro situazione precaria, dall’altra consente di abbassare anche il livello dei diritti degli stessi cittadini europei. E così una società tenderà ad assumere extracomunitari o cittadini stranieri perché può ridurre i costi del salario e le spese di mantenimento dell’operaio, ma può anche far leva sugli altri dipendenti ad accettare condizioni di lavoro più precarie, essendo divenuti una forza lavoro del tutto sostituibile. A ciò occorre aggiungere i bassi standard di vita e la scarsa protezione da parte dello Stato, che ha contribuito a creare gli eserciti di immigrati votati alla criminalità organizzata, divenuta purtroppo anche un mezzo di sussistenza. Gran parte di essi sono cittadini stranieri dell’Europa orientale che, giunti in Europa vista come la terra promessa, dopo aver sacrificato anche i loro averi per compiere l’impresa dell’ascesa sociale, sono stati ridotti alla povertà, a vivere nei centri di accoglienza a sopravvivere di espedienti, più o meno criminali, dall’accattonaggio alle rapine. Alla base di questi crimini vi è nella quasi totalità dei casi, un movente economico e un degrado sociale, in completa assenza di integrazione.

È stata proprio l’Europa a creare queste piaghe sociali perché, dopo non aver controllato i flussi migratori clandestini sulle coste e nell’entroterra, non ha dato ai nuovi cittadini europei identiche opportunità né ha garantito la loro sostenibilità. Occorrerebbe invece prendere come esempio alcuni Stati dell’Est Europeo, come la Serbia o l’Albania da sempre costituiti da un continuo intrecciarsi di etnie e religioni diverse, riuscendo però a garantire la loro integrazione e assimilazione, con ottimi risultati soprattutto nei confronti delle comunità Rom. Il Governo serbo per esempio ha dato ai rom delle case dignitose in cui vivere, ha imposto l’obbligo scolastico e garantito loro un lavoro. In tale obiettivo è riuscita anche l’Italia, soprattutto nei piccoli centri in cui l’integrazione con i rom è ad alti livelli, ma l’emergenza e le gravi situazioni di intolleranza si sono verificate proprio nelle periferie delle grandi città, in cui vi sono già dei contesti di disagio e non si riesce a dare un sostegno persino ai cittadini italiani. Non meravigliamoci dunque degli inspiegabili episodi di violenza, resi ancor più cruenti da un’informazione che manipola i sentimenti dell’opinione pubblica, per poi rilanciare la necessità di una risposta dura all’esigenza di sicurezza.

Ecco dunque che si giunge al cosiddetto "pacchetto sicurezza", sul quale si giocano poi le proposte e le contro-proposte di Governo e di opposizione che giocano a fare gli antagonisti, ma sono sempre l’uno la copia speculare dell’altra. Non dimentichiamo che la questione "immigrati romeni" venne lanciato proprio da Veltroni, con l’emergenza nelle periferie di Roma decidendo il trasferimento coatto dei rom, e poi ripresa dal decreto Mastella, che cominciava ad introdurre reati di "accattonaggio" o di "occupazione abusiva del suolo" puniti con pene smisurate. Oggi invece di parla di reato di "immigrazione clandestina" che potrà divenire sia un aggravante rispetto ad altre infrazioni, sia una forma di discriminazione per giustificare l’espulsione diretta. Il problema maggiore - che in questo caso ritorna, essendo già stato cassato dalla Corte Costituzionale in occasione della presentazione del progetto da parte del Governo Prodi - sorge sugli immigrati comunitari, per i quali l’espulsione è stata definita "una misura estrema il commissario" della limitazione della libera circolazione delle persone, garantita dalla direttiva n. 38/CE/2004, pur ammettendo di "respingere il diritto di residenza per coloro che non hanno risorse per sostenersi e che delinquono".

Così il decreto sicurezza propone l’obbligo di presentare al proprio ingresso una dichiarazione anagrafica entro un termine predeterminato, e di dimostrare il proprio diritto alla permanenza "dimostrando di avere risorse sufficienti derivanti da redditi leciti", mentre in caso contrario potrà essere allontanato immediatamente per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Ciò implica che qualora entri di nuovo, commetterà un reato e sarà arrestato. Non è ancora chiaro tuttavia se l’ordine di espulsione scatti solo per l’esistenza di attività illecite o semplicemente per la mancanza di un reddito, fatto sta che verrebbe introdotto per i comunitari il divieto di reingresso che oggi non c’è. Molto probabilmente non c’è da preoccuparsi, perché l’Europa o la Corte Costituzionale fermeranno di nuovo un tale provvedimento, ma il prezzo da pagare sarà comunque alto, ossia quello del tracciamento degli ingressi e dei movimenti mediante un sistema biometrico, impronte digitali e archiviazione del DNA. Ciò significa che la nostra libertà di movimento, che siamo cittadini europei o cittadini comunitari, sarà sempre controllata dal cervellone della Commissione Europea e dall’Europol. D’altro canto, se non impareremo a convivere e ad integrarci tra di noi nella miglior maniera possibile, le derive saranno davvero molto gravi, in quanto rischieremo di cadere pericolosamente nell’apartheid, dato che ci siamo già ghettizzati.