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30 giugno 2008

Guerra in Iran? America sconfitta in partenza


Con la crisi finanziaria e le speculazioni sul petrolio, si fa sempre più vicina l'ipotesi di un prossimo conflitto armato con l'Iran per rispondere al fallimento del sistema economico-energetico del mondo occidentale. Possiamo tuttavia ipotizzare che il conflitto iraniano è quanto meno lontano, considerando che gli Stati Uniti hanno messo su una grande campagna di minacce e propaganda per demonizzare l’Iran e creare il terrore intorno alle politiche di arricchimento dell’uranio.

La forte speculazione del petrolio e la crisi del mercato finanziario sta creando tutte le condizioni favorevoli per temere l’inizio di un nuovo conflitto bellico come reazione al rischio del crollo dell’impero occidentale. Secondo alcuni analisti, la situazione è particolarmente delicata e complessa, al punto tale che sembra di essere ritornati al contesto economico-finanziario che ha preceduto l’11 settembre. L'economista francese Jean-Pierre Chevallier ha rilevato in particolare dei movimenti borsisti anormali negli Stati Uniti, individuando in essi dei possibili preparativi per affrontare un possibile attacco americo-israeliano contro le installazioni nucleari e militari iraniane. In particolare Chevallier ha notato che quando Shaul Mofaz, il vecchio capo di Stato Maggiore dell'esercito israeliano, ha parlato lo scorso 6 giugno della possibilità di un tale attacco, i mercati azionari sono stati affossati da speculazioni che hanno bruciato più di 800 miliardi di dollari di capitalizzazioni borsiste per gli investitori sulle borse americane. I tracolli improvvisi degli indici di borsa hanno così posto il lecito dubbio che alcune manovre speculative, che si traducono in vere e proprie truffe per gli investitori, siano state utilizzate per reperire fondi da destinare al finanziamento di operazioni militari.

I sospetti sul possibile preparativo di azioni militari, viene riportato poi da Al Jazeera, che afferma che le truppe americane in Iraq hanno creato, durante questi ultimi quattro mesi, quattro basi militari avanzate lungo la frontiera iraniana, a 30 km della città iraniana più vicina, dotate di piattaforme di lancio di missili teleguidati e di sistemi radar. A riportare la notizia è una fonte della sicurezza nazionale irakena, che tuttavia precisa che la creazione di basi alla frontiera con l'Iran non manifesta "intenzioni bellicose" e costituisce solo "una misura di precauzione in caso di attacco iraniano contro Israele". Si viene inoltre a sapere che attualmente, le forze irachene conducono delle operazioni di perquisizione nella città di Amara, a 365 km al sud di Bagdad, considerato come territorio controllato dall'esercito di Mahdi, milizia diretta da Moqtada Sadr, personaggio vicino al Teheran. Sembra dunque che sia venuta improvvisamente meno quella sorta di collaborazione tra l’Iran e l’esercito irakeno nel Sud del Paese, a prevalenza sciita, tale da lasciare il lecito dubbio su un imminente attacco statunitense.

Tuttavia, a chi aspetta un conflitto armato, possiamo rispondere che gli Stati Uniti hanno messo su una grande campagna di minacce e propaganda per demonizzare l’Iran e creare il terrore intorno alle politiche di arricchimento dell’uranio iraniano. Una tesi questa che è avvalorata da molteplici situazioni che inquadrano un intrecciarsi di eventi molto complesso. Innanzitutto, occorre considerare che sull’Iran, unica potenza del Medioriente, si scontrano quattro potenze, che vanno a formare sia due distinti blocchi, che singole controparti che agiscono in relazione ai propri interessi. Da una parte, dunque, vi è la Russia che vede nell’Iran un partner di affari da addomesticare e controllare in ogni caso, per evitare che si trasformi in un improbabile concorrente nella spartizione delle zone di influenza energetica, e la Cina, che vuole avere Teheran come sicura fonte energetica su cui contare per la sua espansione economica. Entrambe tuttavia non hanno mai difeso "a spada tratta" l’Iran all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, lasciando che venissero imposte le sanzioni bancarie e finanziarie chieste dagli Stati Uniti. Il loro parziale coinvolgimento, fa pensare che non si schiereranno direttamente in caso di conflitto, ma si limiteranno ad usare armi diplomatiche, e a sostenere indirettamente l’armamento e le truppe. Dall’altra parte, c’è l’Europa che, sebbene abbia cercato in un primo momento di chiudere un occhio sull’elusione delle sanzioni bancarie imposte dal CS dell’ONU, ha dovuto dare una contro-risposta ferma e decisa, rilanciando le limitazioni e le multe per il regime di Teheran. Anche dall’Unione Europea non giunge nessuna risposta convincente e ferma, perché probabilmente intende lasciare uno spazio per continuare le trattative sulla cooperazione energetica, necessaria per il Nabucco e i progetti di approvvigionamento.

Infine, vi sono gli Stati Uniti, che colpiscono l’Iran sempre in punti ben determinati, come se conoscessero bene le risposte del proprio avversario. Washington cerca di evitare a tutti i costi il programma nucleare iraniano, avvertendoli che non saranno mai autorizzati a produrre armi nucleari. Così poi cercano di convincere il mondo intero, che sono pronti ad attaccare l'infrastruttura nucleare iraniana, magari con l’ausilio di Israele che giocherebbe il ruolo di aggressore iniziale. A giocare un grande ruolo saranno anche le elezioni negli Stati Uniti, ma probabilmente la politica estera americana non cambierà radicalmente a seconda della vittoria di democratici o repubblicani. Tuttavia, occorre considerare che gli Stati Uniti sono in grande difficoltà nella gestione delle loro aree di influenza, ed hanno l’imminente urgenza di rimpiazzare i petrodollari e i Buoni del Tesoro Americano che ormai nessuno vuole più, a fronte di certificati di energia. Il vero scontro armato si avrà molto probabilmente proprio sul mercato finanziario e petrolifero, considerando che la crisi dei prezzi e le speculazioni porteranno a creare una nuova Bretton Woods da qui a 5 anni per ridiscutere il probabile cambiamento delle modalità di scambio alla base del sistema economico. Nel frattempo, è innegabile che gli Stati Uniti non hanno la forza di invadere l’Iran, né di agire dall’interno con una rivoluzione che possa mettere al potere un Governo fantoccio, com’è accaduto per il Libano o l’Iraq. Non bisogna inoltre sottovalutare gli iraniani, che sono degli abilissimi personaggi, che danno il meglio di loro stessi i situazione di forti pressioni, e in questo momento stanno giocando con i Russi e gli Americani per tenere alta la tensione. Spaventano molto anche le contro-risposte che si potrebbero azionare, come la reazione della Cina che lascerebbe fallire il dollaro senza battere ciglio, della Russia che metterebbe in azione la sua fitta macchina diplomatica ed economica.