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13 agosto 2008

Una guerra lampo mette fine al dominio USA


Tra Georgia e Russia è scoppiata senz’altro una guerra di informazione, con un continuo altalenarsi di dichiarazioni e di smentite che descrivono due immagini ben distinte, e a volte opposte, del conflitto nel Caucaso. Nei fatti l’unico intervento degli Stati Uniti nel conflitto è stato puramente mediatico, con dichiarazioni e avvertimenti trasmessi dai media, e un sostegno tacito che ha lasciato intendere che Washington sarebbe rimasta sempre e incondizionatamente accanto ai georgiani. Gli Stati Uniti, hanno comunque rivelato la loro grande debolezza, ma anche la loro incapacità a sostenere ormai una guerra aperta su troppi fronti.

È stata senz’altro una guerra di disinformazione e di contro-informazione quella che tra Russia e Georgia. Un continuo altalenarsi di dichiarazioni e di smentite che descrivono due immagini ben distinte, e a volte opposte, del conflitto nel Caucaso, che confondo l’opinione pubblica e vanno a polarizzare nettamente l’informazione intorno ai due estremi. Da una parte vi è la Georgia, strategico Stato del Caucaso a ridosso dell’ex impero sovietico e sempre più vicino al blocco atlantico, nonché crocevia di gasdotti ed oleodotti che collegano la ricca regione del Mar Caspio e dei Paesi dell’estremo Caucaso orientale alla Turchia e così al Mediterraneo. Dall’altra l’ex repubbliche sovietiche dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud che chiedono indipendenza e sovranità, e poi riannessione alla Russia, viaggiando così in maniera parallela alla strategia del Cremlino. Regista del conflitto è Mosca che ha costruito una perfetta trappola strategico-militare che puntualmente è scattata, dopo pochi giorni di combattimenti.

Innanzitutto si è messa in una posizione che va di pari passo al diritto internazionale e agli accordi raggiunti con le Istituzioni sovranazionali, che le hanno infatti concesso in passato la possibilità di dispiegare una forza di pace sotto la bandiera ONU, al fine di preservare la sicurezza della popolazione russa che vive in Ossezia e in Abkhazia. Allo stesso tempo ha agito con prontezza e tempestività, sia dislocando in poco tempo il maggior numero di forze militari possibili e prendendo subito una posizione irremovibile all’interno del territorio, sia assumendo una posizione diplomatica ferma e coerente. In secondo luogo, ha agito attentamente sull’informazione usando le stesse armi mediatiche dei demiurghi occidentali. Infatti ribadisce che la popolazione dell’Ossezia del Sud, ed in particolare il contingente russo lì dislocato, ha subito un’aggressione da parte dell’esercito georgiano, che per l’impatto e le dimensioni viene definito dal Cremlino come un "atto di genocidio". Dunque, per difendere le sue ragioni, restando nei limiti consentiti dal Consiglio di Sicurezza ONU, utilizza ora le stesse armi che le controparti occidentali scagliano per presidiare i propri interessi economici e politici in territorio strategici, come ad esempio il Vicino Oriente, la Turchia e i Balcani.

La CNN disinforma sugli attacchi russi a Gori
In uno dei suoi notiziari, la CNN ha mostrato dei carri armai russi
e degli edifici distrutti, dicendo di trovarsi nella città georgiana di Gori.
Secondo un reporter della Tv russa, si tratta invece della capitale
dell'Ossezia del Sud Tskhinvali, e il video della CNN riprende proprio la sede centrale
del contingente russo attaccata dall'aviazione georgiana.

I diplomatici russi hanno inoltre accusato i media stranieri di aver manipolato l’informazione sul conflitto in corso tra Georgia e Russia, precisando che le massicce perdite tra la popolazione sono state causate dai bombardamenti georgiani - e non da quelli russi - uccidendo 2.000 civili, per la maggior parte di nazionalità russa, e provocando più di 34.000 profughi costretti a fuggire dalla Russia. La risposta russa con l’invio dei carri armati nella provincia, secondo i Generali russi, è stata "indotta dall’aggressione della Georgia". Le televisioni occidentali invece, secondo il Vice Ministro degli Esteri Grigori Karasin, hanno mostrato solo i carri armati russi e la sofferenza dei civili, e hanno commentato tali immagini affermando poi che "la Russia è intervenuta nel conflitto tra Ossezia del Sud e Georgia". "Questo sarebbe il modo obiettivo di fare informazione secondo i media occidentali?", ha chiesto Karasin accusando così le televisioni e la stampa occidentale di diffondere notizie con "una versione politicamente manipolata". Inoltre, in questi giorni, vi è stato un continuo rincorrere delle notizie data dalla stampa estera e da quella georgiana, smentendo puntualmente gli attacchi all’aeroporto internazionale di Tbilisi, alla città di Gori, e ad altre zone popolate da georgiani nell’Ossezia del Sud. La Russia risponde così al tentativo di disinformazione dell’Occidente, che ha tentato di preparare tra l’opinione pubblica internazionale le condizioni per imporre alle parti una tregua e un piano di pace scritto dagli eurocrati europei.

Nei fatti, dunque, l’unico intervento degli Stati Uniti nel conflitto è stato puramente mediatico, con dichiarazioni e avvertimenti trasmessi dai media, e un sostegno tacito che ha lasciato intendere che Washington sarebbe rimasta sempre e incondizionatamente accanto ai georgiani. Lo stesso Putin ha sottolineato che la Georgia non avrebbe mosso i suoi aerei se non avesse avuto la certezza che gli Stati Uniti si trovavano nelle retrovie, perché l’azzardo è stato troppo grande, troppo rischioso. Infatti ha trovato una Russia armata fino ai denti, che ha reagito forse "in maniera sproporzionata", ma comunque efficace per una guerra lampo senza vie di scampo. Putin ha inoltre puntualizzato che ogni reazione è stata "completamente giustificata e legittima dal punto di vista legale", perché la Georgia è accusata di "genocidio". Non si esclude la possibilità che l’Ossezia chieda alla Corte di Giustizia Internazionale e alla Corte Europea dei Diritti umani di investigare sui crimini di guerra commessi dalla Georgia, o che addirittura possa chiedere la costituzione di un Tribunale per i Crimini in Caucaso contro il popolo osseta. Come si può notare, Putin usa le stesse e identiche parole che a suo tempo furono pronunciate dagli Stati Uniti per aggredire la Serbia, e ottenere poi la secessione unilaterale della provincia kosovara. La storia si ripete, ritorcendo contro Europa e Stati Uniti le loro stesse armi, i loro diabolici meccanismi burocratici.

Tuttavia, qualcosa da allora è cambiato e questo evento ha segnato senz’altro una svolta negli equilibri geo-politici. Gli Stati Uniti, infatti, hanno rivelato la loro grande debolezza, ma anche la loro incapacità a sostenere ormai una guerra aperta su troppi fronti. Così impegnata nella sua guerra al terrorismo, tra Iraq, Afghanistan e Iran, che ha lasciato scoperto alcuni delicati punti di azione, ossia quegli "Stati cuscinetto" che si trovano in una situazione estremamente delicata e in bilico tra un fronte e l’altro. Inoltre, la sua guerra della disinformazione ormai non inganna più nessuno, perché ormai tutti conoscono i trucchetti della CNN, del New York Times, della BBC, e Mosca non si è fatta trovare impreparata: ha dichiarato dinanzi ai giornalisti di mezzo mondo che si aspettavano "provocazioni mediatiche", nonché "foto e servizi televisivi confezionati ad hoc" per giustificare l’intervento armato. Forte del successo raggiunto in una guerra-lampo, Mosca ha dettato le regole per la sottoscrizione del protocollo di pace, basato sul ritorno delle forze armate russe nelle sue posizioni precedenti alle ostilità, e sull’inizio delle trattative internazionali per scrivere lo statuto futuro dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia. Tuttavia precisa che stavolta lo statuto dovrà essere sottoposto al volere dei popoli, e che "né la Russia né alcun altro Stato deve rispondere al posto loro". Da parte sua l'Europa è pronta a partecipare all'operazione di mantenimento della pace in Ossezia del Sud, ma che potrà agire sotto la supervisione delle forze internazionali e della Russia stessa. Nessun ruolo invece avranno gli Stati Uniti, che oltre a sfruttare l’evento con la solita propaganda per la campagna elettorale, non avrà nient’altro dalla Russia.