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26 settembre 2008

Investimenti italiani a rischio in Montenegro


Rinascita Balcanica segue da tempo la vicenda della Gatti S.p.a. in Montenegro colpita da uno sciopero che si protrae da oltre un anno senza alcun spiraglio per la sua cessazione, nè interventi da parte delle autorità italiane in territorio montenegrino. La fonderia italiana si trova ora in difficoltà avendo subito gravi danni per la cessazione dei processi produttivi, e il venir meno delle garanzie del Governo montenegrino nonostante sia stato rispettato il contratto. Per tale motivo la Gatti S.p.A. sta ora predisponendo gli atti necessari per ricorrere alla Corte Arbitrale Internazionale presso la Camera di Commercio Internazionale di Parigi per ottenere un giusto risarcimento dalla controparte.

Nonostante Unione Europea, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale abbiano definito il Montenegro un "Paese balcanico" da prendere come esempio per il suo sviluppo e la sua attrattività dei capitali, assistiamo ancora oggi ad eventi sconcertanti, che lasciano senza parole. Mentre a Budva ancora vi sono sparatorie tra bande montenegrine e mafie russe, le banche e le finanziarie accumulano e lavano denaro per gli interessi di forti gruppi di potere, e gli investimenti industriali si trasformano nell’ennesima occasione per sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Ad attraversare un momento particolarmente difficile nell’immobilismo delle autorità locali, è la fonderia Livnica del complesso siderurgico del Montenegro di Niksic gestita dalla società italiana Gatti Spa. Da circa sei mesi la produzione della fonderia Livnica è bloccata da uno sciopero ad oltranza dei lavoratori, che protestano contro il mancato rispetto del contratto da parte della società italiana. Le trattative tra i dirigenti della società e i sindacati non hanno aperto alcun spiraglio sulla risoluzione della controversia, bensì spesso sono state motivo di disordine pubblico e di intolleranza estrema, che comunque non hanno spinto le forze dell’ordine ad intervenire.

Da parte sua, la Gatti S.p.a. non è rimasta certo a guardare che, una fonderia come quella di Niksic, venisse danneggiata da una semplice controversia sindacale. Infatti, il 19 Settembre 2008, su mandato del Consiglio di Amministrazione della società Gatti S.p.A., l’avvocato Marco Ascoli ha informato le autorità del Montenegro che vengono perpetuati dei continui atti di intimidazione e delinquenziali compiuti dai dirigenti della società Zeljezara contro la società Livnica a.d., di cui Gatti S.p.A. detiene il 98% delle azioni. Destinatari della nota informativa sono stati Radomir Vukcevic, Presidente del Consiglio Direttori in Zeljezara, Mitar Misovic, Direttore esecutivo in Zeljezara, Branko Vujovic dell'Agenzia per la ristrutturazione e investimenti esteri del Governo del Montenegro, Branimir Gvozdenovic , Ministro per lo sviluppo economico del Governo del Montenegro, Anka Stojkovic, Capo ispettore di lavoro nel Ministero della salute, lavoro e previdenza sociale, nonché l’ambasciatore italiano in Montenegro, Gabriele Meucci, e l’avvocato Nikola Martinovic. La Gatti infatti aveva denunciato presso le autorità del Montenegro che le guardie della Zeljezara, che non hanno alcun potere e competenza nei confronti della Livinca, hanno bloccato l’uscita di camion che trasportavano materiale della fonderia, senza nessun ordine o base legale. Un atto che è stato definito come "illegittimo e incomprensibile per il mondo civilizzato", in quanto paralizza il normale funzionamento della produzione senza che la Zeljezara ne abbia il potere.

Dopo aver informato le autorità competenti, la Gatti "in virtù di quanto previsto dall’articolo n° 16 - Risoluzione delle controversie del contratto di compravendita di Livnica a.d. stipulato fra Gatti S.p.A. e Zeljezara - ossia che “le eventuali controversie che possono derivare in connessione con il presente Contratto e che non possono essere risolte con accordo reciproco tra le parti contraenti entro 30 giorni dal giorno in cui la controversia si è presentata, saranno trasferite davanti alla Corte arbitrale internazionale presso la Camera di Commercio Internazionale di Parigi, Francia, dove sarà applicata la legislazione UE. La sentenza della Corte arbitrale sarà definitiva e vincolante per entrambe le parti” - annuncia che si stanno predisponendo gli atti necessari per ricorrere alla Corte Arbitrale Internazionale presso la Camera di Commercio Internazionale di Parigi, per ottenere una condanna a carico di Zeljezara, con conseguente onere risarcitorio, per i danni che le attività illecite ed illegittime da quest’ultima compiuti stanno arrecando a Gatti S.p.A.
Una contromisura che ricorda molto quella della Central-European Aluminum Company (CEAC), del miliardario russo Oleg Deripaska, proprietaria della Kombinat Aluminijuma, la quale ha querelato il Governo di Podgorica chiedendo un risarcimento di 300 milioni di euro, dopo che un’esamina dei bilanci, ha rivelato delle perdite inaspettate. La CEAC accusa infatti il Montenegro di aver occultato dati importanti per stabilire il valore della Kombinat durante le negoziazioni per l'acquisto della fabbrica. Anche in questo caso il Governo del Montenegro dovrà dare delle spiegazioni sul modo in cui i contratti vengono manipolati senza garantire trasparenza, prima o dopo le trattative.

La cosa più assurda è che adesso si è giunti al punto che la controparte montenegrina, l'amministrazione della Zeljezara, chiederà la risoluzione unilaterale del contratto di vendita presso il Consiglio per le Privatizzazioni del Montenegro, ritenendo questo "un atto legittimo visto che la società Gatti non ha rispettato gli impegni presi". La situazione che si è venuta a creare è alquanto surreale, perché degli atti assolutamente inspiegabili compiuti vengono ribaltati e fatti passare per reazioni legittime, fino a sfociare nella decisione "unilaterale" di sciogliere un contratto garantito da procedure internazionali per gli investimenti diretti esteri. Una sorta di intimidazione che giunge in seguito all’istigazione dei lavoratori e spesso la disinformazione dei media locali.

È evidente che vi sono alcune pressioni contro alcune aziende, che sino ad ieri erano accolte come investitori, ed oggi vengono costrette ad abbandonare gli investimenti con un atto unilaterale. Tra l’altro, la parola "unilateralmente" è molto diffusa nei Balcani, soprattutto dopo le vicende del Kosovo, quando non si hanno altre scappatoie. D’altro canto, se un Governo permette ai suoi cittadini di portare avanti uno sciopero, senza creare delle condizioni di dialogo è perchè vuole platealmente cacciare alcuni soggetti per favorirne altri. Lo stesso Primo Ministro chiede agli investitori esteri di investire in Montenegro, esponendosi in prima persona, ma in altre situazioni non muove neanche un dito per la salvaguardia di una impresa battente bandiera italiana.
La Gatti ora aspetta un qualche segnale da parte delle autorità italiane che dovranno prendere una posizione su questo anomalo caso, in cui le rivendicazioni sindacali sono orchestrate da conflitti di interesse, come lo stesso settimanale Monitor ha spesso denunciato. Le implicazioni di come verrà risolto questo caso sono molto importanti e delicate, in quanto avranno un certo impatto anche sui futuri investimento di altre imprese italiane ed estere nei Balcani. Con quale spirito l’Italia potrà accogliere Milo Djukanovic a Roma per parlare di cooperazione ed investimenti, se il suo Governo non si degna di creare neanche una tavola rotonda?

Rinascita Balcanica