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24 aprile 2009

La Fiat vicina alla riconversione industriale?


Il braccio di ferro per raggiungere un accordo strategico tra il gigante automobilistico americano Crysler e l'incrollabile Fiat sembra abbia avuto una svolta. La società italiana è pronta a lanciare la Topolino con un motore ibrido rivoluzionario. Ci si chiede se questa "piccola arma strategica" sarà realizzata - come preannunciato per il modello base - in Serbia o resterà in Italia.

Il braccio di ferro per raggiungere un accordo strategico tra il gigante automobilistico americano Crysler e l'incrollabile Fiat sembra abbia avuto una svolta. La società italiana, oltre ad avere in questo frangente un maggior potere contrattuale e stabilità strutturale, svela la sua carta vincente, un progetto "segreto" che potrebbe dare un decisivo impulso alla ripresa di un settore sulla soglia del fallimento. Si tratta della nuova citycar, la Topolino (lo stesso nome della storica auto italiana degli anni '30 - nella foto) che porta dentro di sé un motore elettrico ibrido, straordinariamente rivoluzionario perché miniaturizzato ed estremamente efficiente. La tecnologia italiana ha infatti portato alla creazione di un motore elettrico, con batterie di nuova generazione a litio e con la possibilità di ricaricarsi mediante una presa di corrente domestica. Un gioiello dalle dimensioni ridotte che tuttavia troverebbe larga applicazione su qualsiasi macchina, dunque anche auto di grandi dimensioni e prestazioni, tra l'altro tanto care agli americani. La versatilità di tale sistema miniaturizzato rappresenta il vantaggio competitivo Fiat rispetto a competitor come Toyota e Honda, che hanno realizzato sino ad oggi degli ibridi molto efficienti, ma costosi e poco pratici per le città ( ulteriori dettagli su Quattroruote ).

Il caso della Topolino ibrida ci incuriosisce in particolar modo anche per il suo possibile impatto sul mercato italiano - sia per un ritorno di immagine che di ripresa economica per gli stabilimenti "sofferenti" Fiat - nonché su quello dei Balcani. Non è un mistero, infatti, che il modello base della piccola-auto della Fiat dovrebbe essere prodotto "esclusivamente" negli stabilimenti della Zastava di Kragujevac (in Serbia), preferiti a quelli della Polonia e di Termini Imerese, come ipotizzato in un primo momento. Lo stabilimento serbo è stato preferito sia a causa della mancata firma di un accordo di supporto da 1,3 miliardi di euro in termini di contributi statali e regionali, sia dalla ratifica dell'accordo con Zastava per la realizzazione di una cooperazione strategica che facesse perno su una joint-venture con capitale a maggioranza Fiat. Tale accordo ha portato con sé l'approvazione da parte del Governo di Belgrado di una serie di incentivi e agevolazioni fiscali, come fondi per la rottamazione delle auto vecchie, la creazione di una zona franca per importare materie prime e semilavorati senza dazi e accordi di riesportazione verso il mercato europeo. La Serbia darà inoltre accesso al mercato dell'Est nonché a quello russo, essendo l'unico paese europeo ad avere un accordo di libero scambio con la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e dunque con la Russia. Occorre inoltre considerare che il mercato serbo offre una manodopera mediamente specializzata ad un costo che è tra i più bassi d'Europa, essendo un'area ancora fuori dalla zona euro, e godendo di un regime monetario relativamente conveniente.

C'è da chiedersi, dunque, se l'arma segreta italiana per la conquista americana sarà prodotta in Serbia, anche nel suo modello ibrido. Una eventualità che darebbe a questa joint-venture italo-serba una particolare rilevanza, in quanto in essa si potrebbe concentrare la produzione di un modello sperimentale, di cui la stessa Zastava potrebbe beneficiare in termini di know-how e di ritorno di immagine. Tuttavia, i sindacati italiani sembrano agguerriti più che mai, in quanto hanno già chiesto che si muovano le prime pressioni da parte del Governo italiano e degli amministratori locali affinchè il nuovo modello vada a colmare la situazione di crisi che si percepisce all'interno degli stabilimenti italiani, decimati dalla cassa integrazione e dalle ferie forzate. Probabilmente la Fiat avrà dinanzi a sé la scelta obbligata di trasferire la produzione ( o solo l'assemblaggio) in Serbia, al fine di arrivare a costruire un'auto che abbia un costo competitivo.

A pensarci bene, il lancio di un motore ibrido, con una tecnologia così complessa potrebbe andare a sostenere comunque l'industria automobilistica italiana che, a questo punto, subirà una trasformazione inevitabile: gli stabilimenti dell'assemblaggio potrebbero essere ben presto eliminati, e convertiti in centri di produzione di componenti e motori di alta tecnologia. L'Italia è destinata a divenire - come giusto che sia - il centro per la progettazione e la realizzazione di prodotti e merci di pregiata tecnologia, da riesportare verso i mercati dell'est nonché verso il mercato statunitense. Da questo punto di vista, il Governo e gli stessi sindacati dovrebbero scegliere una strategia meno miope e di lungo termine, che porti a sfruttare i vantaggi della vicinanza di economie emergenti e la maggiore specializzazione della manodopera italiana, la quale deve uscire dagli stereotipi di "operaio" per divenire "artigiano". Dovrà anche terminare quella logica di pressioni e di assistenzialismo dello Stato, il quale deve sostenere la riconversione industriale non la sopravvivenza di entità anti-economiche.