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22 agosto 2011

Desertec, gas e la guerra per le interconnessioni


Alla base della nuova crisi dei mercati e del nuovo governo economico europeo che sta prendendo forma, tra la grandeur di Parigi e l'avanzata di Berlino, non vi è altro che il fallimento dei Paesi Europei e dello stesso progetto di Bruxelles, che inevitabilmente si è abbattuto sul Nord Africa con un nuova guerra. Tripoli non è ancora caduta, ed è già iniziata la lotta per l'accaparramento dei contratti petroliferi, che deciderà chi avrà il controllo del mercato energetico dell'Europa. Tuttavia, la corsa al petrolio ha messo in penombra un altro aspetto della guerra energetica nel Mediterraneo, promossa delle lobbies della cosiddetta 'green energy'. Di fatti, il grande spettro di alternative che si stagliano dinanzi all'UE si può oggi ridurre a due colossali progetti, quello della interconnessione delle pipeline che attraversano il Corridoio del gas del Sud, e quello del Desertec, super-rete di interconnessione elettrica tra Nord Africa ed Europa Meridionale. Entrambi i progetti dovranno alimentare il fabbisogno energetico della ricca Europa Centro-Settentrionale, mentre i paesi nord-africani nonchè quelli del Medioriente e centro-asiatici saranno diretti fornitori di energia.

Desertec. Con un bilancio di 400 miliardi di euro, il Desertec è un colossale progetto volto a costruire una rete di interconnessione elettrica tra il Nord Africa e l'Europa, alimentata da fonti rinnovabili derivanti dall'installazione di centrali solari ed eoliche nel deserto del Sahara, tra cui Algeria, Marocco e Tunisia. Gran parte della energia elettrica prodotta sarà distribuita in Europa per soddisfare il grande fabbisogno energetico. Per generare tali enormi quantità di energia elettrica sono state progettate gigantesche centrali solari nonchè elettrodotti ad alta tensione che passeranno sul fondale del Mar Mediterraneo. Secondo il progetto, l'elettricità generata in Africa comincerà ad alimentare la rete europea alla fine del 2015 per coprire il 15% del fabbisogno energetico europeo nel 2050. Nelle prime fasi saranno intrapresi i progetti di interconnessione tra Spagna e Marocco, e Italia Tunisia, A promuovere il progetto è stata nel 2003 la Desertec Foundation, fondata in Germania dal Club di Roma e dal National Energy Research Center Jordan, sulla base degli studi scientifici svolti dal Centro Aerospaziale Tedesco (DLR) e dalla Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation (TREC). Il 13 luglio 2009, si sono aggiunte dodici aziende provenienti da Europa e Nord Africa, con l'intento di portare avanti una iniziativa industriale, che funge essenzialmente da lobbying. Il 30 ottobre 2009, viene fondata a Monaco di Baviera la joint-venture Desertec Industrial Initiative Dii GmBH, sottoforma di società a responsabilità limitata di diritto tedesco. La Dii si identifica con un consorzio di 12 società, a cui poi si aggiungono in un secondo momento altre 6, mentre al momento vi sono circa 20 azionisti, oltre poi a 35 partner.

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Azionisti Dii GmBH Partner Consulenti specializzati
Società fondatrici

- Munich Re;
- Abengoa Solar;
- RWE;
- Deutsche Bank,
- Siemens;
- ABB;
- E. ON;
- HSH Nordbank;
- Cevital, società algerina;
- M & W Group;
- Schott Solar, azienda tedesca
specializzata nel solare;
- Flagsol in joint venture
con Ferrostaal e Solar Millennium

Successivi azionisti

- Nareva, proprietà della ONA, holding del Marocco
controllata dalla famiglia reale;
- Enel Greenpower;
- Saint Gobain;
- Red Eléctrica de España;
- Terna;
- Unicredit;
- Société tunisienne de l'Electricité et du gaz
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Partner
3M
AGC
Audi
BASF
Concentrix solar
Conergy
Deloitte
Evonik Industries
GL Garrad Hassan
HSBC
IBM
ILF
Morgan Stanely
Nur Energie
OMV
MPG
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Consulenti specializzati
Bearing Point
Bilfinger Berger
Rexroth, Bosch Group
Commerzbank
FCC Servicios Ciudadanos
First Solar
Flabeg
Fraunhofer
Italgen Italcementi
Kaefer
Lahmeyer International
Maurisolaire
Schoeller Renewables
SMA Solar Technology
Terna Energy SA
TUV SUD
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Il consorzio così conformato si presenta come una sorta di lobby, il cui obiettivo è quello di creare le condizioni per una rapida attuazione della interconnessione elettrica dei 14 Stati del Desertec, che appartengono all'Area EUMENA (Europa-Medio Oriente-Nord Africa), alimentata da fonti energetiche del solare e dell'eolico. Nelle prime fasi, l'iniziativa si è posta come mission quella di identificare le tecnologie appropriate per la produzione e trasmissione di energia, e così tutte le tecniche attualmente collaudate e nella disponibilità delle società per la conversione dell'energia solare ed eolica in elettricità, nonchè per la trasmissione a lunga distanza. Tra queste sono state già proposte la tecnologia CSP (Concentrated solar power, che utilizza specchi parabolici e una torre di accumulazione), nonchè la tecnologia fotovoltaica. Allo stesso tempo, viene promossa l'elaborazione di un programma di sviluppo tecnico ed economico, ed un quadro politico e normativo per incoraggiare gli investimenti nelle energie rinnovabili e delle reti interconnesse, nonchè l'elaborazione di progetti per la verifica della fattibilità di ciascuno. Dovrà inoltre essere sviluppato un piano di funzionamento a lungo termine fino al 2050, riportando i punti di riferimento per gli investimenti e finanziamenti.


Ruolo del Nord Africa. Il coinvolgimento dei Paesi nel Nord Africa diventa tra l'altro fondamentale, in quanto metteranno a disposizione di tale progetto il grande potenziale energetico del deserto del Sahara. La partnership con Tunisia, Algeria e Marocco è infatti strategica, come dimostrato dalla presenza della algerina Cevital (tra i fondatori di DII), e delle compagnie statali della Nareva e della Société tunisienne de l'Electricité et du gaz. Tuttavia, il governo algerino non ha aderito al progetto Desertec, non volendo trasferire all'estero le risorse energetiche statali, per cui intende sviluppare propri progetti. Tra questi ricordiamo la centrale elettrica ibrida alimentata con gas naturale e solare realizzata a Tilghemt, con una capacità totale di 150 MW, di cui 30 MW prodotti solo dal sole, da parte della New Energy Algeria (NEAL) e la società spagnola Abener con un investimento da 350 milioni di euro. Allo stesso modo la Sonelgaz

(società statale algerina per la distribuzione del gas e elettricità) prevede di produrre 365 MW di energia solare tra il 2013 e il 2020. Al contrario, il governo tunisino ha mostrato maggiore entusiasmo, identificando già diversi possibili siti per l'installazione di impianti solari.

La Tunisia ospita anche l'Università Desertec Network, istituito nel giugno 2010. Si tratta di una rete universitaria di ricerca, che riunisce i paesi di Europa, Nord Africa e Medio Oriente, per studiare le tecnologie che possono essere installate nel deserto.



Tuttavia, è il Marocco ad essere lo Stato nord-africano che porterà avanti la prima centrale solare pilota del desertec, disponendo già di un elettrodotto sottomarino che lo collega alla Spagna, oltre ad essere l'unico Paese della regione che non dispone di idrocarburi. Il governo marocchino ritiene infatti che il Desertec possa mettere finire alla dipendenza energetica del Marocco (che acquista dall'estero il 96% della sua energia), nonchè produrre sufficiente energia da esportare in Europa. E' stata così predisposta lo scorso giugno la partnership in partenariato pubblico-privato con l'agenzia marocchina per l'energia solare Masen. Il Marocco ha anche lanciato il proprio piano solare nel 2009, con l'obiettivo di produrre il 14% di energia elettrica prodotta nel paese entro il 2020 con un investimento di 9 miliardi di dollari per costruire cinque impianti solari che producono 2.000 megawatt di energia elettrica, per ottenere lo sfruttamento di più di un terzo della capacità della nazione entro il 2020. Parte di tale strategia, è il progetto di Ouarzazate (Marocco) della capacità installata di 500 MW che dovrebbe presto ottenere un prestito dalla BEI, dall'Agenzia Francese di Sviluppo (AFD), dal KfW (gruppo bancario pubblico tedesco) e dalla Banca mondiale.



Altre iniziative. Accanto al Desertec, vi sono altre reti di lobby che promuovono il concetto di interconnessione dei paesi del Mediterraneo come fonte di energia per l'Europa, nonchè come luogo di incontro tra stati consumatori (Nord Europa) e stati produttori. Tra queste citiamo:

  • ENTSO-E: European Network of Transmission System Operators for Electricity, che rappresenta la rete degli operatori europei dei sistemi di trasmissione elettrica. Essa ha sviluppato un piano di sviluppo decennale con una proposta di investimento in infrastrutture di trasmissione elettrica in 34 paesi europei ( UE e non UE), con oltre 500 progetti del valore complessivo di 23-28 miliardi di euro.
  • Friends of the Supergrid: gruppo di aziende e organizzazioni che promuove la creazione di una super-rete di trasmissione elettrica continua, in tutta l'Europa, che dovrà facilitare la produzione energia sostenibile su larga scala in aree remote. Tale iniziativa è particolarmente interessata alle infrastrutture di trasmissione di energie rinnovabili verso l'Europa del Mare del Nord.
  • Transgreen: è un consorzio di aziende che, al pari della Dii, si pone come obiettivo quello di installare una super-rete di trasmissione energetica nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa verso l'Europa. Esso rientra nel Piano solare del Mediterraneo, la cui creazione è stata decretata dalla firma del protocollo, alla presenza dei funzionari del Governo francese, da società francesi, spagnole e tedesche: Abengoa ; AFD ; Alstom; Areva ; Atos Origin ; CDC Infrastructure; EDF ; Prysmian; Nexans ; Red Electrica de Espana; RTE; Siemens; Taqa Arabia.

Nuovi scenari. Dinanzi agli attuali sviluppi, diventa evidente che territori di transito delle nuove autostrade energetiche saranno Italia, Spagna e Balcani, che si trovano ad affrontare un periodo tra i più difficili della loro storia dopo gli anni '90, al centro del fuoco incrociato della guerra energetica del Mediterraneo, che decreterà la configurazione delle fonti e delle reti per i prossimi 20 anni. Cambia inoltre anche il concetto di sistema energetico, che passa dall'idea di un insieme di progetti a sé stanti e territorialmente limitati, a quella di struttura interconnessa ed integrata, che avrà l'energia elettrica la base fondamentale perchè può essere conservata e trasportata a basso costo. Le interconnessioni elettriche saranno le nuove pipelines per cui si combatteranno le guerre, mentre l'elettricità sarà la 'moneta unica' che sostituirà il petrol-dollaro di questa Europa integrata, non più costituita dall'UE bensì dalla cosiddetta EUMENA. Senza accorgercene, questa guerra è già scoppiata, e ha come focolai proprio il Nord Africa e i Balcani. Da non dimenticare infatti il caso del Montenegro e dell'elettrodotto della Terna Tivat-Pescara, un progetto che è stato a lungo criminalizzato nonostante fosse parte delle strategie di sviluppo energetico dell'Unione Europea, le cui regole vengono accettate da tutti gli stati membri, candidati e partner esterni.

Di fatti, l'Italia si trova oggi in una vera fase di transizione, che deciderà se in futuro sarà un'economia leader del Mediterraneo oppure una semplice piattaforma per le compagnie energetiche straniere, sempre più divisa e con un tessuto sociale ed etnico stravolto. Una fase che ricorda quella del secondo dopo-guerra, in cui ebbe in Enrico Mattei una grande guida, la cui intelligenza strategica ha garantito al Paese una rendita di benessere per il restate mezzo secolo. I suoi prossimi 50 anni saranno decisi dall'aggressività o dalla remittenza della sua politica estera, e dalle nuove alleanze che riuscirà a stringere. Gli scontri a Bruxelles sul via libera all'acquisto dei titoli obbligazionari dei Paesi dell'Europa meridionale, hanno di fatti creato uno stato di tensione e di incertezza, nonchè imposto una sorta di ricatto economico. La politica economica italiana è stata commissariata a fronte della concessione gli aiuti di UE e FMI. Per anni addormentata, l'Italia non ha saputo reagire alle conseguenze disastrose della guerra in Libia e della crisi statunitense, mentre diventano sempre più serrati gli attacchi della magistratura e della classe 'pseudo-culturale' che vuole la destituzione di Berlusconi. Con la caduta di Gheddafi ed il congelamento dei fondi libici nella finanza italiana, si è venuto a creare un vuoto che ha innescato forti pressioni per l'accaparramento delle risorse, come Generali o Unicredit. Non c'è dubbio che dopo la disfatta della Libia (con lo stralcio del patto di amicizia che avrebbe dovuto tutelare il settore finanziario ed energetico italiano), l'Italia perde terreno anche nei Balcani, grave sintomo dell'esistenza di forti pressioni che la costringono a rientrare nei propri confini.

E mentre Roma rinvia a data da destinarsi del vertice intergovernativo italo-serbo, la Germania gioca d'anticipo e programma ad agosto un tour in tutti i Paesi dei Balcani, ripartendo le tappe tra i Ministri della Cooperazione Dirk Niebel e degli Esteri Westerwelle, che hanno anticipato la venuta della Merkel attesa in Croazia, Serbia e Slovenia. Non vi è alcun dubbio che il cancelliere tedesco giunge a Belgrado forse nel momento più importante e più difficile per il Paese negli ultimi anni, dato il fatto che la nuova crisi nel Nord minaccia la Serbia nelle fasi di inizio dei negoziati con l'UE. D'altro canto, dietro il 'nyet' della Bundesbank verso la BCE di acquistare titoli italiani e spagnoli, privilegiando quelli di Irlanda e Portogallo, si nasconde l'ormai evidente obiettivo della Germania di prendere il controllo del sistema monetario europeo, e non solo. Un eventuale ruolo della Germania nella costellazione geopolitica delle pipelines, avrebbe un impatto anche sullo scenario che si staglia dinanzi all'Europea. Berlino Germania guarda alla sua ripresa economica, nonchè al dominio della eurozona, attraverso una strategia energetica di lungo periodo, che gli garantirà stabilità per almeno i prossimi trent'anni. Dopo aver abbandonato l'energia nucleare, e aver sacrificato con logica freddezza un intero tessuto industriale basato sull'atomica, investe nel gas e nelle energie rinnovabili. L'E.ON annuncia difatti una ristrutturazione interna con il taglio di oltre 11.000 licenziamenti, per destinare tale risparmio di risorse per la costruzione dell'infrastruttura energetica gassifera ed elettrica.